Vincere il razzismo con l’incontro

Vincere il razzismo con l’incontro

Roma, 25/01/18 – “Sono Osman, ho 29 anni e sono un rifugiato dalla Somalia.

Sono scappato da Al Shabab. Mi sento fortunato, perché oggi in Somalia si sta addirittura peggio: i terroristi sono ovunque, si fanno saltare in aria. Scuole, ospedali, piazze, non sei mai al sicuro.
Ecco perché noi somali scappiamo. Ci proviamo, almeno.
Ecco perché noi somali rischiamo di morire, attraversiamo il deserto, sfidiamo il mare, ci indebitiamo per pagare i trafficanti.
Sono partito da Mogadiscio a 18 anni, non avevo scelta.

Oggi vivo in Italia, sono sereno. Ho tanti amici italiani, mi trovo bene. Non è stato difficile imparare la lingua e il modo di pensare degli italiani. Da quando sono rifugiato in Italia ho incontrato tantissimi ragazzi delle scuole superiori italiane. Ho raccontato tante volte la mia storia davanti a facce prima diffidenti, distanti, poi curiose, sbalordite e alla fine conquistate. Numeri, statistiche, razzismo e xenofobia ho capito presto che si combattono e si vincono solo con l’incontro, la conoscenza.
Non è difficile da capire: io sono un ragazzo come tanti, mi piace giocare a pallone, guardare i film al cinema, uscire con gli amici, sognare viaggi, vacanze. Costruire un futuro. Un futuro che hanno cercato di portarmi via ma non ci sono riusciti.
Raccontare ai ragazzi della Somalia, di me, della mia storia, di mia madre che è rimasta lì e non ne vuole sapere di lasciare la sua casa, vuol dire dare un senso alla parola protezione.

Sul mio documento c’è scritto protezione internazionale.
Mi sono chiesto tante volte chi mi protegge ora? Chi si assicura che mangio, che ho un posto dove dormire, un lavoro? I miei familiari sono lontani. Chi mi proteggerà?
Poi una volta in classe un ragazzo mi ha chiesto “cosa possiamo fare noi per aiutare te e la tua gente?” E allora ho capito che forse ero io, ancora vivo, in salvo, lontano dalla guerra che dovevo proteggere chi è rimasto in Somalia, proteggere e mantenere viva la memoria di tanti fratelli che sono morti in Somalia, nel deserto del Sahara, nel mare.
Proteggere la mia gente che ogni giorno soffre e viene schiacciata da violenza, corruzione e dall’indifferenza di buona parte del mondo che neanche sa dove siamo e come viviamo.

Sono un rifugiato e per questo sento la responsabilità di proteggere il mio popolo somalo e di chiedere a chi ha potere di proteggere il mio popolo non commerciando in armi con la Somalia, e creando vie legali per consentire ai ragazzi come me di avere un futuro al sicuro e protetto.”

Osman
Testimonianza raccolta dal Centro Astalli

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Osman e altri rifugiati durante l’incontro con il Cardinal Bassetti

 

Leggi anche la testimonianza di Jawad, rifugiato dall’Afghanistan e la storia di Soumaila, rifugiato dal Mali.