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Fratelli, Iquique è una “terra di sogni” (questo significa il nome in lingua aymara);
una terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture, gente che ha dovuto
lasciare i propri cari e partire. Una marcia sempre basata sulla speranza di ottenere
una vita migliore, ma sappiamo che è sempre accompagnata da bagagli carichi di
paura e di incertezza per quello che verrà. Iquique è una zona di immigrati che ci
ricorda la grandezza di uomini e donne; di famiglie intere che, davanti alle avversità,
non si danno per vinte e si fanno strada in cerca di vita. Essi – specialmente quelli
che devono lasciare la loro terra perché non hanno il minimo necessario per vivere –
sono icone della Santa Famiglia, che dovette attraversare deserti per poter continuare
a vivere.
Questa terra è terra di sogni, ma facciamo in modo che continui a essere anche terra
di ospitalità. Ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è gioia cristiana
quando si chiudono le porte; non c’è gioia cristiana quando si fa sentire agli altri che
sono di troppo o che tra di noi non c’è posto per loro (cfr Lc 16,31).
Come Maria a Cana, cerchiamo di imparare ad essere attenti nelle nostre piazze e nei
nostri villaggi e riconoscere coloro che hanno una vita “annacquata”; che hanno perso
– o ne sono stati derubati – le ragioni per celebrare. E non abbiamo paura di alzare
le nostre voci per dire: «Non hanno vino». Il grido del popolo di Dio, il grido del
povero, che ha forma di preghiera e allarga il cuore e ci insegna ad essere attenti.
Siamo attenti a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento
che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla
precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che
approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non
hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di
tante famiglie. E come Maria diciamo: non hanno vino.
Come i servi della festa, portiamo quello che abbiamo, per quanto sembri poco. Come
loro, non abbiamo paura a “dare una mano”, e che la nostra solidarietà e il nostro
impegno per la giustizia facciano parte del ballo e del canto che oggi possiamo
intonare a nostro Signore. Approfittiamo anche per imparare e lasciarci impregnare
dai valori, dalla sapienza e dalla fede che i migranti portano con sé. Senza chiuderci
a quelle “anfore” piene di sapienza e di storia che portano quanti continuano ad
arrivare in queste terre. Non priviamoci di tutto il bene che hanno da offrire. […]