[…]Milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura. Siamo frequentemente sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti che implorano aiuto e consolazione, dal lutto di chi piange una persona cara a causa dell’odio e della violenza, dal dramma dei profughi che sfuggono alla guerra o dei migranti che periscono tragicamente. […]
Sono convinto che per molti il Giubileo straordinario della Misericordia sia stata un’occasione particolarmente propizia anche per scoprire la «grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale»[13]. Ciascuno può così contribuire a dare vita ad «una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli»[14]. Solo così si potranno costruire società aperte e accoglienti verso gli stranieri e, nello stesso tempo, sicure e in pace al loro interno. Ciò è tanto più necessario nel tempo presente, in cui proseguono senza sosta in diverse parti del mondo ingenti flussi migratori. Penso in modo particolare ai numerosi profughi e rifugiati in alcune zone dell’Africa, nel Sudest asiatico e a quanti fuggono dalle zone di conflitto in Medio Oriente.
Lo scorso anno la comunità internazionale si è confrontata con due importanti appuntamenti convocati dalle Nazioni Unite: il primo Vertice Umanitario Mondiale e il Vertice sui Vasti Movimenti di Rifugiati e Migranti. Occorre un impegno comune nei confronti di migranti, profughi e rifugiati, che consenta di dare loro un’accoglienza dignitosa. Ciò implica saper coniugare il diritto di «ogni essere umano […] di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse»[15], e nello stesso tempo garantire la possibilità di un’integrazione dei migranti nei tessuti sociali in cui si inseriscono, senza che questi sentano minacciata la propria sicurezza, la propria identità culturale e i propri equilibri politico-sociali. D’altra parte, gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti.
Un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione. Soprattutto non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico. I migranti sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finché esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico.
Il problema migratorio è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi, di far fronte ad un’emergenza che non sembra aver fine. Tutti dovrebbero sentirsi costruttori e concorrenti al bene comune internazionale, anche attraverso gesti concreti di umanità, che costituiscono fattori essenziali di quella pace e di quello sviluppo che intere nazioni e milioni di persone attendono ancora. Sono perciò grato ai tanti Paesi che con generosità accolgono quanti sono nel bisogno, a partire dai diversi Stati europei, specialmente l’Italia, la Germania, la Grecia e la Svezia.
Mi rimarrà sempre impresso il viaggio che ho compiuto nell’isola di Lesvos, insieme ai miei fratelli il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos, dove ho visto e toccato con mano la drammatica situazione dei campi profughi, ma anche l’umanità e lo spirito di servizio delle molte persone impegnate per assisterli. Né bisogna dimenticare l’accoglienza offerta da altri Paesi europei e del Medio Oriente, quali il Libano, la Giordania, la Turchia, come pure l’impegno di diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia. Anche nel corso del mio viaggio in Messico, dove ho potuto sperimentare la gioia del popolo messicano, mi sono sentito vicino alle migliaia di migranti dell’America Centrale, che patiscono terribili ingiustizie e pericoli nel tentativo di poter avere un futuro migliore, vittime di estorsione e oggetto di quel deprecabile commercio – orribile forma di schiavitù moderna – che è la tratta delle persone. […]