26 Agosto 2022 | Discorsi, Discorso del Santo Padre

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI LODI

SALA CLEMENTINA

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Vescovo per il saluto che mi ha rivolto a nome vostro e dell’intera
comunità lodigiana, che voi ben rappresentate sia nella dimensione ecclesiale sia in
quella civica. E ringrazio il Vescovo emerito, perché a me piace che gli emeriti
continuino a partecipare alla vita della Chiesa, e non si rinchiudano… Avanti,
coraggio! Infatti, siete sacerdoti, consacrate, seminaristi e fedeli laici, delegati
sinodali e rappresentanti di parrocchie e associazioni, volontari e operatori della
comunicazione, insieme alle pubbliche autorità della Provincia e del territorio
lodigiano, con i Sindaci, in particolare quelli della prima “zona rossa” in Occidente
per l’epidemia di covid-19.

I motivi che vi hanno spinto a venire sono diversi. Mi piace ricordare per primo
quello che mi lega a voi con una specie di “parentela” che chiamerei “battesimale”.
Come sapete, il prete che mi ha battezzato, padre Enrico Pozzoli, e che poi mi ha
aiutato a entrare nella Compagnia [di Gesù] e mi ha seguito tutta la vita, è figlio
della vostra terra, nativo di Senna Lodigiana, nella “bassa”, vicino al Po. Attratto dal
carisma di Don Bosco, partì da giovane per Torino e, diventato Salesiano, fu subito
inviato in Argentina, dove rimase per tutta la vita. Divenne amico dei miei genitori e
li aiutò anche ad accettare la mia chiamata al sacerdozio. Sono stato contento
quando un vostro bravo conterraneo – che è qui presente – ha raccolto documenti e
notizie su di lui e ha scritto la sua biografia. L’ho avuta subito, naturalmente, ma
oggi la ricevo in forma, per così dire, ufficiale e con emozione, perché me la portate
voi, amici di Senna Lodigiana, compaesani di Don Pozzoli, che è stato un vero
salesiano! Un uomo saggio, buono, lavoratore; un apostolo del confessionale – non
si stancava di confessare –, misericordioso, capace di ascoltare e di dare buoni
consigli. Grazie di cuore! Ecco perché dico che siamo un po’ parenti, ma non per via
di sangue, no, il filo che ci unisce è ben più forte e sacro perché è quello del
Battesimo!

A proposito di legami con la vostra terra lodigiana, non possiamo dimenticare che
ce n’è un altro, questa volta per via di una grande santa: Francesca Saverio Cabrini,
nativa di Sant’Angelo Lodigiano, che fondò le Missionarie del Sacro Cuore a
Codogno ed è la patrona dei migranti. Io sono figlio di migranti; l’Argentina è
diventata patria di tante e tante famiglie di migranti, in gran parte italiani, e Santa
Cabrini e le Cabriniane sono una presenza importante a Buenos Aires. Oggi voglio
esprimere a voi la mia ammirazione e la mia riconoscenza per questa donna, che –
insieme al Vescovo Scalabrini – è testimone della vicinanza della Chiesa ai migranti:
il suo carisma è più che mai attuale! Chiedo la sua intercessione affinché la vostra
Comunità diocesana sia sempre attenta ai segni dei tempi e attinga dalla carità di
Cristo il coraggio per vivere la missione oggi.
Padre Pozzoli e soprattutto Santa Cabrini ci ricordano che l’evangelizzazione si fa
essenzialmente con la santità della vita, testimoniando l’amore nei fatti e nella
verità (cfr 1Gv 3,18). E così avviene anche la trasmissione della fede nelle famiglie,
attraverso una testimonianza semplice e convinta. Penso ai nonni e alle nonne che
trasmettono la fede con l’esempio e con la saggezza dei loro consigli. Perché la fede
va trasmessa “in dialetto”, sempre, in nessun altra maniera. I nonni, papà,
mamma… La fede va trasmessa in dialetto. Sappiamo bene che oggi il mondo è
cambiato, anzi, è in continua trasformazione. C’è bisogno di cercare nuove strade,
nuovi metodi, nuovi linguaggi. La via maestra, tuttavia, rimane la stessa: quella
della testimonianza, di una vita plasmata dal Vangelo. Il Concilio Vaticano II ci ha
mostrato questa via, e le Chiese particolari sono chiamate a camminare in essa con
atteggiamento estroverso, con una conversione missionaria che coinvolga tutti e
tutto.

La vostra Chiesa laudense ha vissuto già due Sinodi dopo il Concilio Vaticano II: il
tredicesimo e, recentemente, il quattordicesimo. Ora, il percorso sinodale che
stiamo compiendo come Chiesa universale vorrebbe aiutare tutto il Popolo di Dio a
crescere proprio in questa dimensione essenziale, costitutiva, permanente
dell’essere Chiesa: il camminare insieme, nell’ascolto reciproco, nella varietà dei
carismi e dei ministeri, sotto la guida dello Spirito Santo, che crea armonia e unità a
partire dalla diversità. Accolgo da voi il Libro del vostro recente Sinodo diocesano
come segno di comunione, e vi esorto a continuare il cammino, fedeli alle radici e
aperti al mondo, con la saggezza e la pazienza dei contadini e la creatività degli
artigiani; impegnati nella cura dei poveri e nella cura della terra che Dio ci ha
affidato. Il cammino sinodale è lo sviluppo di una dimensione della Chiesa. Una
volta ho sentito dire: “Noi vogliamo una Chiesa più sinodale e meno istituzionale”:
questo non va. Il cammino sinodale è istituzionale, perché appartiene all’essenza
propria della Chiesa. Siamo in sinodo perché istituzione. […]