Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Grazie per avermi invitato a incontrarvi al termine del vostro convegno dedicato alla attuazione degli Orientamenti Pastorali sulla Tratta di Persone, pubblicati dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e da me approvati. Ringrazio P. Michael Czerny per le parole rivoltemi a nome di tutti i partecipanti. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). In questa frase del Vangelo di Giovanni è riassunta la missione di Gesù: offrire a tutti gli uomini e le donne di ogni epoca la vita in pienezza, secondo il disegno del Padre. Il Figlio di Dio si è fatto uomo per indicare a tutti gli esseri umani il cammino di realizzazione della loro umanità, in conformità alla unicità e irripetibilità di ciascuno. Purtroppo il mondo presente è tristemente contraddistinto da situazioni che ostacolano l’adempimento di questa missione. Come evidenziano gli Orientamenti Pastorali sulla Tratta di Persone, «i nostri tempi hanno segnato una crescita dell’individualismo e dell’egocentrismo, atteggiamenti che tendono a considerare gli altri in una prospettiva meramente utilitaristica, attribuendo ad essi un valore secondo criteri di convenienza e vantaggio personale» (n. 17). Si tratta essenzialmente di quella tendenza alla mercificazione dell’altro, che ho più volte denunciato.[1] Tra le manifestazioni più drammatiche di questa mercificazione va annoverata la tratta di persone. Essa, nelle sue molteplici forme, costituisce una ferita «nel corpo dell’umanità contemporanea»,[2] una piaga profonda nell’umanità di chi la subisce e di chi la attua. La tratta, infatti, deturpa l’umanità della vittima, offendendo la sua libertà e dignità. Ma, al tempo stesso, essa disumanizza chi la compie, negandogli l’accesso alla “vita in abbondanza”. La tratta, infine, danneggia gravemente l’umanità nel suo insieme, lacerando la famiglia umana e anche il Corpo di Cristo. La tratta – dicevamo – costituisce una ingiustificabile violazione della libertà e della dignità delle vittime, dimensioni costitutive dell’essere umano voluto e creato da Dio. Per questo essa è da ritenersi un crimine contro l’umanità.[3] E questo senza dubitare. La medesima gravità, per analogia, dev’essere imputata a tutti i vilipendi della libertà e dignità di ogni essere umano, sia questi un connazionale o uno straniero. Chi si macchia di questo crimine reca danno non solo agli altri, ma anche a sé stesso. Infatti, ognuno di noi è creato per amare e prendersi cura dell’altro, e questo raggiunge il suo culmine nel dono di sé: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Nella relazione che instauriamo con gli altri ci giochiamo la nostra umanità, avvicinandoci o allontanandoci dal modello di essere umano voluto da Dio Padre e rivelato nel Figlio incarnato. Pertanto, ogni scelta contraria alla realizzazione del progetto di Dio su di noi è tradimento della nostra umanità e rinuncia alla “vita in abbondanza” offerta da Gesù Cristo. È prendere la scala in discesa, andare in giù, diventare animali. Tutte le azioni che si prefiggono di restaurare e promuovere la nostra umanità e quella degli altri sono in linea con la missione della Chiesa, quale continuazione della missione salvifica di Cristo. E tale valenza missionaria è evidente nella lotta contro ogni forma di tratta e nell’impegno proteso verso il riscatto dei sopravvissuti; una lotta e un impegno che hanno effetti benefici anche sulla nostra stessa umanità, aprendoci la strada verso la pienezza della vita, fine ultimo della nostra esistenza. La vostra presenza, cari fratelli e sorelle, è segno tangibile dell’impegno che molte Chiese locali hanno generosamente assunto in questo ambito pastorale. Sono degne di ammirazione le numerose iniziative che vi vedono in prima linea al fine di prevenire la tratta, proteggere i sopravvissuti e perseguire i colpevoli. Sento di dover esprimere un particolare ringraziamento alle tante congregazioni religiose che hanno operato – e continuano a operare, anche in rete tra loro – come “avanguardie” dell’azione missionaria della Chiesa contro ogni forma di tratta. Si è fatto e si sta facendo molto, ma molto rimane ancora da fare. Di fronte a un fenomeno tanto complesso quanto oscuro come la tratta di persone, è essenziale assicurare il coordinamento delle diverse iniziative pastorali, tanto a livello locale, quanto a livello internazionale. Gli uffici preposti delle Chiese locali, le congregazioni religiose e le organizzazioni cattoliche sono chiamati a condividere esperienze e conoscenze e ad unire le loro forze, in un’azione sinergica che interessi i Paesi di origine, transito e destinazione delle persone oggetto di tratta. Per rendere più adeguata ed efficace la sua azione, la Chiesa deve sapersi avvalere dell’aiuto di altri attori politici e sociali. La stipulazione di collaborazioni strutturate con istituzioni e altre organizzazioni della società civile sarà garanzia di risultati più incisivi e duraturi. Vi ringrazio di cuore per quanto state già facendo a favore di tanti nostri fratelli e sorelle, vittime innocenti della mercificazione della persona umana, diciamo la parola, senza vergogna: “mercificazione della persona umana”. Dobbiamo dirla e sottolinearla perché questa è la verità. Vi incoraggio a perseverare in questa missione, spesso rischiosa e anonima. Rischiosa anche per i laici, tanto, ma anche per i religiosi. È rischiosa anche dentro la congregazione, perché ti guardano storto! Dicono di sì le suore. È rischiosa, ma bisogna andare avanti. È anonima, ma proprio per questo prova irrefutabile della vostra gratuità. Attraverso l’intercessione di Santa Giuseppina Bakhita, ridotta in schiavitù da bambina, venduta e comprata, ma poi liberata e “fiorita” in pienezza come figlia di Dio, prego per voi, invoco su tutti voi e su quanti si impegnano nella lotta contro la tratta abbondanti benedizioni. Vi assicuro il mio ricordo. Prego per voi. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!