[…] Le parole di Francesco spingono a chiedersi come fraternità: Dove stiamo? Con chi stiamo? Con chi siamo in relazione? Chi sono i nostri preferiti? E, dato che la minorità interpella non solo la fraternità ma ciascuno dei suoi componenti, è opportuno che ognuno faccia l’esame di coscienza sul proprio stile di vita; sulle spese, sul vestire, su quello che considera necessario; sulla propria dedizione agli altri, sul fuggire dallo spirito di curare troppo sé stessi, anche la propria fraternità.
E, per favore, quando fate qualche attività per i “più piccoli”, gli esclusi e gli ultimi, non fatelo mai da un piedistallo di superiorità. Pensate piuttosto che tutto quello che fate per loro è un modo di restituire ciò che gratuitamente avete ricevuto. Come ammonisce Francesco nella Lettera a tutto l’Ordine: «Nulla di voi trattenete per voi».[14] Fate uno spazio accogliente e disponibile perché entrino nella vostra vita tutti i minori del vostro tempo: gli emarginati, uomini e donne che vivono per le nostre strade, nei parchi o nelle stazioni; le migliaia di disoccupati, giovani e adulti; tanti malati che non hanno accesso a cure adeguate; tanti anziani abbandonati; le donne maltrattate; i migranti che cercano una vita degna; tutti quelli che vivono nelle periferie esistenziali, privati di dignità e anche della luce del Vangelo.
Aprite i vostri cuori e abbracciate i lebbrosi del nostro tempo, e, dopo aver preso coscienza della misericordia che il Signore vi ha usato,[15] usate con essi misericordia, come la usò il vostro padre san Francesco;[16] e, come lui, imparate a essere «infermo con gli infermi, afflitto con gli afflitti».[17] Tutto questo, lungi dall’essere un sentimento vago, indica una relazione tra persone così profonda che, trasformando il vostro cuore, vi porterà a condividere la loro stessa sorte. […]