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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”

[…] Sarebbe auspicabile che, in spirito di solidarietà e di condivisione, venga sviluppata una collaborazione più stretta con tutti gli agenti di pastorale che operano nei diversi ambiti dell’apostolato e della pastorale sociale, in particolare l’educazione, la sanità e l’assistenza caritativa. Molti si aspettano da voi vigilanza e sollecitudine nella difesa dei valori spirituali e sociali: siete chiamati a proporre orientamenti e soluzioni per la promozione di una società fondata sul rispetto della dignità e della persona umana. A tale proposito, l’attenzione verso i poveri e quanti ne hanno bisogno, come gli anziani, i malati o le persone con disabilità, dovrebbe costituire l’oggetto di una pastorale adeguata, continuamente riesaminata. Di fatto, la Chiesa è chiamata a preoccuparsi del bene di queste persone e ad attirare l’attenzione della società e delle autorità pubbliche sulla loro situazione. Saluto e incoraggio l’opera di tutti i missionari, dei sacerdoti, religiosi, religiose e altri agenti di pastorale che si prodigano nel servizio ai feriti della vita, alle vittime della violenza, soprattutto nelle regioni più isolate e remote del paese. Nel menzionare questo tema, rivolgo un pensiero speciale ai rifugiati interni e a quelli, numerosi, che provengono dai paesi vicini. […]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2015

Cari fratelli e sorelle!
Gesù è «l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 209). La sua sollecitudine, particolarmente verso i più vulnerabili ed emarginati, invita tutti a prendersi cura delle persone più fragili e a riconoscere il suo volto sofferente, soprattutto nelle vittime delle nuove forme di povertà e di schiavitù. Il Signore dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36). Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è perciò di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta. Pertanto, quest’anno la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha per tema: Chiesa senza frontiere, madre di tutti.
In effetti, la Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). Dopo la sua morte e risurrezione, Gesù ha affidato ai discepoli la missione di essere suoi testimoni e di proclamare il Vangelo della gioia e della misericordia. Nel giorno di Pentecoste, con coraggio ed entusiasmo, essi sono usciti dal Cenacolo; la forza dello Spirito Santo ha prevalso su dubbi e incertezze e ha fatto sì che ciascuno comprendesse il loro annuncio nella propria lingua; così fin dall’inizio la Chiesa è madre dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere. Quel mandato copre ormai due millenni di storia, ma già dai primi secoli l’annuncio missionario ha messo in luce la maternità universale della Chiesa, sviluppata poi negli scritti dei Padri e ripresa dal Concilio Ecumenico Vaticano II. I Padri conciliari hanno parlato di Ecclesia mater per spiegarne la natura. Essa infatti genera figli e figlie e «li incorpora e li avvolge con il proprio amore e con le proprie cure» (Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14).
La Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare. Se vive effettivamente la sua maternità, la comunità cristiana nutre, orienta e indica la strada, accompagna con pazienza, si fa vicina nella preghiera e nelle opere di misericordia.
Oggi tutto questo assume un significato particolare. Infatti, in un’epoca di così vaste migrazioni, un gran numero di persone lascia i luoghi d’origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane. Non di rado, però, questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso.
Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento. Dall’altra, però, a causa della debolezza della nostra natura, «sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 270).
Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli, e anche in questo modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il Papa Paolo VI, dicendo che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri» (Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23).
Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone e culture. A tal fine non può bastare la semplice tolleranza, che apre la strada al rispetto delle diversità e avvia percorsi di condivisione tra persone di origini e culture differenti. Qui si innesta la vocazione della Chiesa a superare le frontiere e a favorire «il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione … ad un atteggiamento che abbia alla base la ‘cultura dell’incontro’, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).
I movimenti migratori hanno tuttavia assunto tali dimensioni che solo una sistematica e fattiva collaborazione che coinvolga gli Stati e le Organizzazioni internazionali può essere in grado di regolarli efficacemente e di gestirli. In effetti, le migrazioni interpellano tutti, non solo a causa dell’entità del fenomeno, ma anche «per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle comunità nazionali e a quella internazionale» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 62).
Nell’agenda internazionale trovano posto frequenti dibattiti sull’opportunità, sui metodi e sulle normative per affrontare il fenomeno delle migrazioni. Vi sono organismi e istituzioni, a livello internazionale, nazionale e locale, che mettono il loro lavoro e le loro energie al servizio di quanti cercano con l’emigrazione una vita migliore. Nonostante i loro generosi e lodevoli sforzi, è necessaria un’azione più incisiva ed efficace, che si avvalga di una rete universale di collaborazione, fondata sulla tutela della dignità e della centralità di ogni persona umana. In tal modo, sarà più incisiva la lotta contro il vergognoso e criminale traffico di esseri umani, contro la violazione dei diritti fondamentali, contro tutte le forme di violenza, di sopraffazione e di riduzione in schiavitù. Lavorare insieme, però, richiede reciprocità e sinergia, con disponibilità e fiducia, ben sapendo che «nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).
Alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti. Nel medesimo tempo, occorre intensificare gli sforzi per creare le condizioni atte a garantire una progressiva diminuzione delle ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso l’una causa delle altre.
Alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale un ordine economico-finanziario più giusto ed equo insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso.
Cari migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel Signore. Vi affido alla loro protezione e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

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INCONTRO CON I VESCOVI DELLA COREA DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Essere custodi di speranza implica anche garantire che la testimonianza profetica della Chiesa in Corea continui ad esprimersi nella sua sollecitudine per i poveri e nei suoi programmi di solidarietà, soprattutto per i rifugiati e i migranti e per coloro che vivono ai margini della società. Questa sollecitudine dovrebbe manifestarsi non solo attraverso concrete iniziative di carità – che sono necessarie – ma anche nel costante lavoro di promozione a livello sociale, occupazionale ed educativo. Possiamo correre il rischio di ridurre il nostro impegno con i bisognosi alla sola dimensione assistenziale, dimenticando la necessità di ognuno di crescere come persona – il diritto che ha di crescere come persona – e di poter esprimere con dignità la propria personalità, creatività e cultura. La solidarietà con i poveri è al centro del Vangelo; va considerata come un elemento essenziale della vita cristiana; mediante la predicazione e la catechesi, fondate sul ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, essa deve permeare i cuori e le menti dei fedeli e riflettersi in ogni aspetto della vita ecclesiale. L’ideale apostolico di una Chiesa dei poveri e per i poveri, una Chiesa povera per i poveri, ha trovato espressione eloquente nelle prime comunità cristiane della vostra nazione. Auspico che questo ideale continui a modellare il cammino della Chiesa in Corea nel suo pellegrinaggio verso il futuro. Sono convinto che se il volto della Chiesa è in primo luogo il volto dell’amore, sempre più giovani saranno attratti verso il cuore di Gesù sempre infiammato di amore divino nella comunione del suo mistico Corpo.[…]

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LETTERA DEL SANTO PADRE AL SEGRETARIO GENERALE DELL’O.N.U. CIRCA LA SITUAZIONE NEL NORD DELL’IRAQ

[…] Gli attacchi violenti che stanno dilagando lungo il nord dell’Iraq non possono non risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad azioni concrete di solidarietà, per proteggere quanti sono colpiti o minacciati dalla violenza e per assicurare l’assistenza necessaria e urgente alle tante persone sfollate, come anche il loro ritorno sicuro alle loro città e alle loro case. Le tragiche esperienze del ventesimo secolo, e la più elementare comprensione della dignità umana, costringe la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme ed i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto ciò che le è possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose. […]

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SANTA MESSA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Che cosa è il regno dei cieli? Gesù non si preoccupa di spiegarlo. Lo enuncia fin dall’inizio del suo Vangelo: «Il regno dei cieli è vicino»; – anche oggi è vicino, fra noi – tuttavia non lo fa mai vedere direttamente, ma sempre di riflesso, narrando l’agire di un padrone, di un re, di dieci vergini… Preferisce lasciarlo intuire, con parabole e similitudini, manifestandone soprattutto gli effetti: il regno dei cieli è capace di cambiare il mondo, come il lievito nascosto nella pasta; è piccolo ed umile come un granello di senape, che tuttavia diventerà grande come un albero. Le due parabole sulle quali vogliamo riflettere ci fanno capire che il regno di Dio si fa presente nella persona stessa di Gesù. È Lui il tesoro nascosto, è Lui la perla di grande valore. Si comprende la gioia del contadino e del mercante: hanno trovato! È la gioia di ognuno di noi quando scopriamo la vicinanza e la presenza di Gesù nella nostra vita. Una presenza che trasforma l’esistenza e ci rende aperti alle esigenze dei fratelli; una presenza che invita ad accogliere ogni altra presenza, anche quella dello straniero e dell’immigrato. È una presenza accogliente, è una presenza gioiosa, è una presenza feconda: così è il regno di Dio dentro di noi.[…]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN OCCASIONE DEL “COLOQUIO MÉXICO SANTA SEDE SOBRE MOVILIDAD HUMANA Y DESARROLLO”

Desidero porgere il mio saluto agli organizzatori, ai relatori e ai partecipanti al “Coloquio México Santa Sede sobre movilidad humana y desarrollo”.
La globalizzazione è un fenomeno che ci interpella, specialmente in una delle sue principali manifestazioni qual è l’emigrazione. Si tratta di uno dei “segni” di questo tempo che viviamo e che ci riporta alle parole di Gesù “Perché questo tempo non sapete giudicarlo?” (Lc. 12,57). Nonostante il grande flusso di migranti presente in tutti i Continenti e in quasi tutti i Paesi, la migrazione viene ancora vista come emergenza, o come un fatto circostanziato e sporadico, mentre è ormai divenuto un elemento caratteristico e una sfida delle nostre società.
È un fenomeno che porta con sé grandi promesse insieme a molteplici sfide. Molte persone costrette all’emigrazione soffrono e, spesso, muoiono tragicamente; molti dei loro diritti sono violati, sono obbligati a separarsi dalle loro famiglie e purtroppo continuano a essere oggetto di atteggiamenti razzisti e xenofobi.
Di fronte a tale situazione, ripeto quanto ha avuto modo di affermare nel Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato dell’anno in corso: “È necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla “cultura dello scarto” – ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore”.
Mi preme, inoltre, richiamare l’attenzione sulle decine di migliaia di bambini che emigrano soli, non accompagnati, per sfuggire alla povertà e alla violenza: è questa una categoria di migranti che, dal Centroamerica e dal Messico attraversa la frontiera con gli Stati Uniti d’America in condizioni estreme, in cerca di una speranza che la maggior parte delle volte risulta vana. Essi aumentano di giorno in giorno. Tale emergenza umanitaria richiede, come primo, urgente intervento, che questi minori siano accolti e protetti. Tali misure, tuttavia, non saranno sufficienti, ove non siano accompagnate da politiche di informazione circa i pericoli di un tale viaggio e, soprattutto, di promozione dello sviluppo nei loro Paesi di origine. È, infine, necessario, di fronte a questa sfida richiamare l’attenzione di tutta la Comunità Internazionale affinché possano essere adottate nuove forme di migrazione legale e sicura.
Auguro pieno successo alla lodevole iniziativa del Ministero degli Affari Esteri del Governo messicano di organizzare un colloquio di studio e di riflessione sulla grande sfida dell’emigrazione e imparto di cuore ad ognuno dei presenti la mia Benedizione Apostolica.

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PAPA FRANCESCO ANGELUS

[…] Questo invito di Gesù si estende fino ai nostri giorni, per raggiungere tanti fratelli e sorelle oppressi da condizioni di vita precarie, da situazioni esistenziali difficili e a volte prive di validi punti di riferimento. Nei Paesi più poveri, ma anche nelle periferie dei Paesi più ricchi, si trovano tante persone stanche e sfinite sotto il peso insopportabile dell’abbandono e dell’indifferenza. L’indifferenza: quanto male fa ai bisognosi l’indifferenza umana! E peggio, l’indifferenza dei cristiani! Ai margini della società sono tanti gli uomini e le donne provati dall’indigenza, ma anche dall’insoddisfazione della vita e dalla frustrazione. Tanti sono costretti ad emigrare dalla loro Patria, mettendo a repentaglio la propria vita. Molti di più portano ogni giorno il peso di un sistema economico che sfrutta l’uomo, gli impone un “giogo” insopportabile, che i pochi privilegiati non vogliono portare. A ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, Gesù ripete: «Venite a me, voi tutti». Ma lo dice anche a coloro che possiedono tutto, ma il cui cuore è vuoto e senza Dio. Anche a loro, Gesù indirizza questo invito: “Venite a me”. L’invito di Gesù è per tutti. Ma in modo speciale per questi che soffrono di più.[…]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA “RIUNIONE DELLE OPERE PER L’AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI” (R.O.A.C.O.)

[…] In particolare ai fratelli e alle sorelle della Siria e dell’Iraq, ai loro Vescovi e Sacerdoti, esprimo insieme con voi la vicinanza della Chiesa Cattolica. E la estendo alla Terra Santa e al Vicino Oriente, ma anche all’amata Ucraina, nell’ora tanto grave che sta vivendo, e alla Romania, alle quali vi siete interessati nei vostri lavori. Vi esorto a continuare l’impegno profuso a loro favore. Il vostro soccorso nelle nazioni più colpite può rispondere a necessità primarie, specialmente dei più piccoli e deboli, come dei molti giovani tentati di abbandonare la patria d’origine. E poiché le Comunità Orientali sono presenti in tutto il mondo, voi cercate di portare sollievo e sostegno ovunque ai numerosi profughi e rifugiati, restituendo dignità e sicurezza, col dovuto rispetto per la loro identità e libertà religiosa. […]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALL’ARCIVESCOVO DI AGRIGENTO IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA VISITA A LAMPEDUSA

L’anniversario della mia visita all’Isola di Lampedusa evoca nel mio animo sentimenti di riconoscenza al Signore per avermi dato la possibilità di recarmi in quel lembo di terra siciliana a pregare per le troppe vittime dei naufragi; a compiere un gesto di vicinanza agli immigrati in cerca di una vita migliore e risvegliare l’attenzione nei confronti dei loro drammi; a esprimere gratitudine agli abitanti di Lampedusa e di Linosa impegnati in un’encomiabile opera di solidarietà, sostenuti da associazioni, volontari e forze di sicurezza. In quell’incontro così carico di significato, insieme alla Chiesa che è in Agrigento, si è percepita la presenza spirituale e affettiva di tutte le comunità cattoliche italiane, che a diversi livelli e in molteplici forme sono parte attiva dell’azione di accoglienza dei migranti.

A distanza di un anno il problema dell’immigrazione si sta aggravando e altre tragedie si sono purtroppo susseguite ad un ritmo incalzante. Il nostro cuore fa fatica ad accettare la morte di questi nostri fratelli e sorelle, che affrontano viaggi estenuanti per fuggire da drammi, povertà, guerre, conflitti, spesso legati a politiche internazionali. Mi reco ancora una volta spiritualmente al largo del mare Mediterraneo per piangere con quanti sono nel dolore e per gettare i fiori della preghiera di suffragio per le donne, gli uomini e i bambini che sono vittime di un dramma che sembra senza fine. Esso richiede di essere affrontato non con la logica dell’indifferenza, ma con la logica dell’ospitalità e della condivisione al fine di tutelare e promuovere la dignità e la centralità di ogni essere umano.

Incoraggio le comunità cristiane e ogni persona di buona volontà a continuare a chinarsi su chi ha bisogno per tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione. Al tempo stesso, auspico che le Istituzioni competenti, specialmente a livello Europeo, siano più coraggiose e generose nel soccorso ai profughi. […]

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PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE

[…] Dopodomani, 20 giugno, ricorre la Giornata Mondiale del Rifugiato, che la comunità internazionale dedica a chi è costretto a lasciare la propria terra per fuggire dai conflitti e dalle persecuzioni. Il numero di questi fratelli rifugiati sta crescendo e, in questi ultimi giorni, altre migliaia di persone sono state indotte a lasciare le loro case per salvarsi. Milioni di famiglie, milioni, rifugiate di tanti Paesi e di ogni fede religiosa vivono nelle loro storie drammi e ferite che difficilmente potranno essere sanate. Facciamoci loro vicini, condividendo le loro paure e la loro incertezza per il futuro e alleviando concretamente le loro sofferenze. Il Signore sostenga le persone e le istituzioni che lavorano con generosità per assicurare ai rifugiati accoglienza e dignità, e dare loro motivi di speranza. Pensiamo che Gesù è stato un rifugiato, è dovuto fuggire per salvare la vita, con san Giuseppe e la Madonna, è dovuto andarsene in Egitto. Lui è stato un rifugiato. Preghiamo la Madonna, che conosce i dolori dei rifugiati, che stia vicino a questi nostri fratelli e sorelle. Preghiamo insieme la Madonna per i fratelli e le sorelle rifugiati. [Ave Maria] Maria, madre dei rifugiati, prega per noi.[…]