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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”

[…] Attualmente stiamo vivendo un tempo eccezionale. Centinaia di migliaia di profughi sono venuti in Europa o si sono messi in marcia in cerca di rifugio dalla guerra e dalla persecuzione. Le Chiese cristiane e molti singoli cittadini del vostro Paese prestano un enorme aiuto per accogliere queste persone dando loro assistenza e vicinanza umana. Nello spirito di Cristo vogliamo continuare ad affrontare la sfida del grande numero di bisognosi. Nello stesso tempo sosteniamo tutte le iniziative umanitarie per far sì che le condizioni di vita nei Paesi di origine diventino più sopportabili.[…]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DEI DECRETI CONCILIARI “OPTATAM TOTIUS” E “PRESBYTERORUM ORDINIS”

[…] Vicinanza, viscere di misericordia, sguardo amorevole: far sperimentare la bellezza di una vita vissuta secondo il Vangelo e l’amore di Dio che si fa concreto anche attraverso i suoi ministri. Dio che non rifiuta mai. E qui penso al confessionale. Sempre si possono trovare strade per dare l’assoluzione. Accogliere bene. Ma alcune volte non si può assolvere. Ci sono preti che dicono: “No, da questo non ti posso assolvere, vattene via”. Questa non è la strada. Se tu non puoi dare l’assoluzione, spiega e dì: “Dio ti ama tanto, Dio ti vuole bene. Per arrivare a Dio ci sono tante vie. Io non ti posso dare l’assoluzione, ti do la benedizione. Ma torna, torna sempre qui, che ogni volta che tu torni ti darò la benedizione come segno che Dio ti ama”. E quell’uomo o quella donna se ne va pieno di gioia perché ha trovato l’icona del Padre, che non rifiuta mai; in una maniera o nell’altra lo ha abbracciato. […]

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VISITA ALLA CHIESA EVANGELICA LUTERANA DI ROMA PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Altrimenti, essa rimane compromessa dalle divisioni e dai conflitti tra le Chiese e tra i credenti. Possiamo assumere insieme la gioia e la fatica della diaconia della carità in una maggiore cooperazione ecumenica. Possiamo farlo con i bambini e gli anziani più disagiati, con i rifugiati, e con tutti coloro che hanno bisogno di cure e di sostegno.[…]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DEL “JESUIT REFUGEE SERVICE”

Cari fratelli e sorelle,
vi do il benvenuto in occasione del 35° anniversario della fondazione del Jesuit Refugee Service, voluto dal P. Pedro Arrupe, allora Superiore Generale della Compagnia di Gesù. L’impressione e l’angoscia da lui sofferti di fronte alle condizioni dei boat people sud-vietnamiti, esposti agli attacchi dei pirati e alle tempeste nel Mar Cinese Meridionale, lo indussero a prendere questa iniziativa.
P. Arrupe, che aveva sperimentato l’esplosione della bomba atomica a Hiroshima, si rese conto delle dimensioni di quel tragico esodo di profughi. Vi riconobbe una sfida che i Gesuiti non potevano ignorare, se volevano rimanere fedeli alla loro vocazione. Volle che il Jesuit Refugee Service andasse incontro ai bisogni sia umani sia spirituali dei rifugiati, quindi non soltanto alle loro immediate necessità di cibo e di asilo, ma anche all’esigenza di vedere rispettata la loro dignità umana ferita, e di essere ascoltati e confortati.
Il fenomeno delle migrazioni forzate è oggi drammaticamente aumentato. Folle di profughi partono da diversi Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia, cercando rifugio in Europa. L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha valutato che ci sono, in tutto il mondo, quasi 60 milioni di rifugiati, la cifra più alta dalla 2ª Guerra Mondiale. Dietro queste statistiche ci sono persone, ciascuna con un nome, un volto, una storia, e la sua inalienabile dignità di figlio di Dio.
Voi operate attualmente in dieci diverse regioni, con progetti in 45 Paesi, accompagnando rifugiati e popolazioni nelle migrazioni interne. Un buon gruppo di Gesuiti e di religiose lavorano insieme a tanti collaboratori laici e a moltissimi rifugiati. Nel tempo siete sempre rimasti fedeli all’ideale di P. Arrupe e ai tre punti fondamentali della vostra missione: accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati.
La scelta di essere presenti nei luoghi dove c’è maggiore bisogno, in zone di conflitto e di post-conflitto, vi ha resi internazionalmente conosciuti per essere vicini alla gente, capaci di imparare da essa come meglio servire. Penso specialmente ai vostri gruppi in Siria, Afghanistan, Repubblica Centrafricana e nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove vengono accolte persone di fedi diverse che condividono la vostra missione.
Il Jesuit Refugee Service lavora per offrire speranza e futuro ai rifugiati, anzitutto mediante il servizio dell’educazione, che raggiunge un gran numero di persone e riveste speciale importanza. Offrire educazione è molto più che dispensare nozioni. È un intervento che offre ai rifugiati qualcosa per cui andare oltre la sopravvivenza, mantenere viva la speranza, credere nel futuro e fare dei progetti. Dare ai bambini un banco di scuola è il regalo più bello che possiate fare. Tutti i vostri programmi hanno questo scopo ultimo: aiutare i rifugiati a crescere nella fiducia in sé stessi, a realizzare il massimo del potenziale insito in loro e a metterli in grado di difendere i propri diritti come singoli e come comunità.
Per bambini costretti ad emigrare, le scuole sono spazi di libertà. In classe, vengono accuditi dagli insegnanti e sono protetti. Purtroppo, sappiamo che nemmeno le scuole sono risparmiate dagli attacchi di chi semina violenza. Invece le aule scolastiche sono luoghi di condivisione, anche con bambini di culture, etnie e religioni differenti, dove si segue un ritmo regolare, un ordine confortevole, in cui i bambini possono di nuovo sentirsi “normali”, e i genitori felici di saperli a scuola.
L’istruzione offre ai piccoli rifugiati una via per scoprire la loro autentica vocazione, sviluppandone le potenzialità. Tuttavia, troppi bambini e giovani rifugiati non ricevono un’educazione di qualità. L’accesso all’educazione è limitato, specialmente per le ragazze e per la scuola secondaria. Per questo, durante il prossimo Giubileo della Misericordia, vi siete posti l’obiettivo di aiutare altri 100.000 giovani rifugiati ad andare a scuola. La vostra iniziativa di “Educazione Globale”, col motto “Mettiamo in moto la Misericordia”, vi metterà in grado di raggiungere molti altri studenti, che hanno urgente bisogno di un’educazione che li ripari dai pericoli. Sono riconoscente per questo al gruppo di sostenitori e benefattori e al gruppo internazionale di sviluppo del Jesuit Refugee Service, che oggi si sono uniti a noi. Grazie alla loro energia e al loro sostegno, la misericordia del Signore raggiungerà tanti bambini e famiglie nei prossimi anni.
Mentre proseguite nell’opera di educazione dei rifugiati, pensate alla Santa Famiglia, la Madonna, san Giuseppe e Gesù bambino, fuggiti in Egitto per scampare alla violenza e cercare rifugio presso stranieri; e ricordate le parole di Gesù: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Portate sempre dentro di voi queste parole, vi siano di stimolo e di conforto. Da parte mia, vi assicuro la mia preghiera. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
E non posso finire questo incontro, queste parole senza presentarvi un’icona: quel “canto del cigno” del padre Arrupe, proprio in un centro per rifugiati. Ci chiedeva di pregare, di non lasciare la preghiera. E proprio lui con questo consiglio e con la sua presenza lì, in quel centro per rifugiati in Asia, non sapeva che in quel momento si congedava: sono state le sue ultime parole, il suo ultimo gesto. E’ stata proprio l’eredità ultima che ha lasciato alla Compagnia. Arrivato a Roma, è stato colpito dall’ictus che l’ha fatto soffrire per tanti anni. Quest’icona vi accompagni: l’icona di uno bravo, che non solo ha creato questo servizio, ma uno al quale il Signore ha dato la gioia di congedarsi parlando in un centro per rifugiati.
Il Signore vi benedica.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SLOVACCA, IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”

[…] Vi incontro con gioia, Pastori della Chiesa in Slovacchia, durante questa visita ad limina nella quale vi recate alle tombe degli Apostoli, rinnovando la fede in Cristo Gesù e i vincoli di comunione con il Successore di Pietro, approfondendo altresì il senso di collegialità e di mutua collaborazione tra di voi. Desidero incoraggiarvi nel lavoro pastorale che svolgete, pur tra le difficoltà del momento attuale, caratterizzato da rapide trasformazioni in tanti ambiti della vita umana e dalla grande sfida della globalizzazione. In esso si riscontrano a volte minacce per le nazioni meno numerose, ma al tempo stesso anche elementi che possono offrire nuove opportunità. Un’opportunità, diventata segno dei tempi, è il fenomeno delle migrazioni, che richiede di essere compreso e affrontato con sensibilità e senso di giustizia. La Chiesa è chiamata a proclamare e testimoniare l’accoglienza del migrante in spirito di carità e di rispetto della dignità della persona umana, nel contesto di una necessaria osservanza della legalità. […]

[…] Di fronte alla prospettiva di un ambiente multiculturale sempre più esteso, occorre assumere atteggiamenti di reciproco rispetto per favorire l’incontro. È auspicabile che il popolo slovacco mantenga la sua identità culturale e il patrimonio di valori etici e spirituali, fortemente legato alla sua tradizione cattolica. Così potrà aprirsi senza timori al confronto nel più ampio orizzonte continentale e mondiale, contribuendo ad un sincero e fruttuoso dialogo, anche su tematiche di vitale importanza quali la dignità della vita umana e la funzione essenziale della famiglia. Oggi più che mai è necessario illuminare il cammino dei popoli con i principi cristiani, cogliendo le opportunità che la situazione attuale offre per sviluppare un’evangelizzazione che, con linguaggio nuovo, renda più comprensibile il messaggio di Cristo. Perciò è importante che la Chiesa infonda speranza, affinché tutti i cambiamenti del momento attuale si trasformino in un rinnovato incontro con Cristo, che spinga il vostro popolo ad un autentico progresso. I fedeli laici, chiamati ad animare le realtà temporali con i fermenti evangelici, non possono esimersi dall’operare anche all’interno dei processi politici volti al bene comune. Per essere gioiosi testimoni del Vangelo in ogni ambiente, essi hanno bisogno di sentirsi parte viva della Chiesa. È vostro compito riconoscere loro il proprio ruolo nella vita delle comunità ecclesiali, anche per quanto riguarda l’elaborazione e la realizzazione dei progetti pastorali. […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DEI CENTRI DI AIUTO ALLA VITA

[…] Vi ringrazio per il bene che avete fatto e che fate con tanto amore, e vi incoraggio a proseguire con fiducia su questa strada, continuando ad essere buoni samaritani! Non stancatevi di operare per la tutela delle persone più indifese, che hanno diritto di nascere alla vita, come anche di quante chiedono un’esistenza più sana e dignitosa. In particolare, c’è bisogno di lavorare, a diversi livelli e con perseveranza, nella promozione e nella difesa della famiglia, prima risorsa della società, soprattutto in riferimento al dono dei figli e all’affermazione della dignità della donna. A questo proposito, mi piace sottolineare che nella vostra attività, voi avete sempre accolto tutti a prescindere dalla religione e dalla nazionalità. Il numero rilevante di donne, specialmente immigrate, che si rivolgono ai vostri centri dimostra che quando viene offerto un sostegno concreto, la donna, nonostante problemi e condizionamenti, è in grado di far trionfare dentro di sé il senso dell’amore, della vita e della maternità. […]

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SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI PAPA FRANCESCO ANGELUS

APPELLO

Cari fratelli e sorelle,

i dolorosi episodi che in questi ultimi giorni hanno inasprito la delicata situazione della Repubblica Centrafricana, suscitano nel mio animo viva preoccupazione. Faccio appello alle parti coinvolte affinché si ponga fine a questo ciclo di violenze. Sono spiritualmente vicino ai Padri comboniani della parrocchia Nostra Signora di Fatima in Bangui, che accolgono numerosi sfollati. Esprimo la mia solidarietà alla Chiesa, alle altre confessioni religiose e all’intera nazione Centrafricana, così duramente provate mentre compiono ogni sforzo per superare le divisioni e riprendere il cammino della pace. Per manifestare la vicinanza orante di tutta la Chiesa a questa Nazione così afflitta e tormentata ed esortare tutti i centroafricani ad essere sempre più testimoni di misericordia e di riconciliazione, domenica 29 novembre ho in animo di aprire la porta santa della cattedrale di Bangui, durante il Viaggio apostolico che spero di poter realizzare in quella Nazione.

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PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE INTERRELIGIOSA IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE DELLA DICHIARAZIONE CONCILIARE “NOSTRA AETATE”

[…] Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Tutti i credenti di ogni religione. Insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose.[…]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA SULLA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI ORGANIZZATA DAL “GRUPO SANTA MARTA”

Maestà,
Signori Vescovi,
Distinte autorità,
Signore e signori,
Mi dà grande gioia e soddisfazione pastorale il fatto che il gruppo Santa Marta si riunisca nuovamente nel simbolico Monastero di San Lorenzo di El Escorial in Spagna. Nel breve tempo della sua esistenza questo benemerito gruppo ha saputo realizzare molto ed è chiamato a un compito decisivo nello sradicamento delle nuove schiavitù. Nel corso di quest’anno, ci sono state alcune novità istituzionali significative, che senza dubbio possono sostenere la vostra attività e collaborare alla benefica azione del gruppo Santa Marta. Mi riferisco, da una parte all’incontro dei Sindaci del 21 luglio nella Città del Vaticano, ai quali ho rivolto la parola. In tale incontro, quelle importanti personalità hanno firmato una dichiarazione con la quale s’impegnano personalmente a sradicare le nuove schiavitù che condannano come un crimine contro l’umanità.
Dall’altra, desidero menzionare anche la recente approvazione dell’Agenda 2030, con i nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il cui obiettivo 8.7 dice: «Prendere misure immediate ed efficaci per eradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani, e garantire il divieto e l’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile, in particolare il reclutamento e l’utilizzo dei bambini soldato, e, entro il 2025, porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme».
Come ho avuto l’opportunità di affermare proprio prima dell’unanime approvazione di tale Agenda nel mio discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York il 25 settembre scorso: «Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».
Oggi i 193 Stati che aderiscono all’Onu hanno un nuovo imperativo morale per combattere la tratta di persone, autentico crimine contro l’umanità. La collaborazione tra i Vescovi e le autorità civili, ognuno secondo la propria missione e la propria natura, al fine di scoprire le pratiche migliori per la realizzazione di questo delicato compito, è un passo decisivo per assicurarsi che la volontà dei governi giunga alle vittime in modo diretto e immediato, costante, efficace e concreto. Voi, autorità ecclesiastiche e civili, siete chiamate a stare accanto alle vittime e ad accompagnarle nel loro cammino di dignità e di libertà. Così devono sentirlo i tanti fratelli e le tante sorelle vittime della tratta umana. Oggi, cari membri del gruppo Santa Marta, non siete soli in questa delicata impresa: potete contare sul sostegno dei più illuminati Sindaci e su quello di tutta la comunità internazionale, dato il rispettivo impegno che hanno assunto e firmato. Rendiamo grazie a Dio.
Da parte mia, chiedo a Dio Onnipotente di darvi la grazia di portare avanti questa missione, tanto delicata, tanto umanitaria e tanto cristiana, di curare le piaghe aperte e dolenti dell’umanità, che sono anche le piaghe di Cristo. Vi assicuro tutto il mio appoggio e la mia preghiera, e l’appoggio e le preghiere dei fedeli della Chiesa cattolica. Con l’aiuto di Dio e con la vostra collaborazione, questo indispensabile servizio del gruppo di Santa Marta potrà liberare le vittime delle nuove schiavitù, riabilitarle, con i prigionieri e gli esclusi, smascherare i trafficanti e quanti creano questo mercato, e offrire un’assistenza efficace alle città e alle nazioni; un servizio per il bene comune e per la promozione della dignità umana, che sappia tirar fuori il meglio di ogni persona e di ogni cittadino. Che Dio vi benedica tutti.

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INCONTRO CON I PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DEL POPOLO GITANO DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Conosco le difficoltà del vostro popolo. Visitando alcune parrocchie romane, nelle periferie della città, ho avuto modo di sentire i vostri problemi, le vostre inquietudini, e ho constatato che interpellano non soltanto la Chiesa, ma anche le autorità locali. Ho potuto vedere le condizioni precarie in cui vivono molti di voi, dovute alla trascuratezza e alla mancanza di lavoro e dei necessari mezzi di sussistenza. Ciò contrasta col diritto di ogni persona ad una vita dignitosa, a un lavoro dignitoso, all’istruzione e all’assistenza sanitaria. L’ordine morale e quello sociale impongono che ogni essere umano possa godere dei diritti fondamentali e debba rispondere ai propri doveri. Su questa base è possibile costruire una convivenza pacifica, in cui le diverse culture e tradizioni custodiscono i rispettivi valori in atteggiamento non di chiusura e contrapposizione, ma di dialogo e integrazione. Non vogliamo più assistere a tragedie familiari in cui i bambini muoiono di freddo o tra le fiamme, o diventano oggetti in mano a persone depravate, i giovani e le donne sono coinvolti nel traffico di droga o di esseri umani. E questo perché spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’incapacità di accettare costumi e modi di vita diversi da noi.[…]