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VENERDÌ SANTO «PASSIONE DEL SIGNORE» VIA CRUCIS PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE FRANCESCO

XIV stazione
Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo
sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra
all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di
Màgdala e l’altra Maria. (Mt 27, 59-61)
Ormai siamo qui. Siamo morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella
nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. È difficile per una famiglia dover
scegliere tra i suoi sogni e la libertà. Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui
dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle.
Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo
importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di più
che immigrati. Siamo persone. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni
giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita normale, senza le
bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni. Siamo cattolici, ma anche questo a
volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti. Se non
ci rassegniamo è perché sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un
giorno verrà rotolata via.
Signore Gesù, tolto dal legno della croce da mani amiche.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che fosti sepolto nella tomba nuova di Giuseppe d’Arimatea.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che non hai conosciuto la corruzione del sepolcro.
R/. Dona nobis pacem.
Tutti:
Pater noster…
Signore Gesù,
che sei disceso agli inferi
per liberare Adamo ed Eva con i loro figli dall’antica prigionia,
ascolta le nostre suppliche per le famiglie dei migranti:
strappale dall’isolamento che uccide
e concedi a tutti noi di riconoscerti in ogni persona
come nostro amato fratello e sorella.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO A MALTA (2-3 APRILE 2022) ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!
Sono grato per le parole che Mons. Scicluna mi ha rivolto a nome vostro. Ma sono io
che dico a voi: Grazzi! [Grazie!]
Vorrei esprimere la mia riconoscenza al Signor Presidente della Repubblica e alle
Autorità, ai miei Fratelli vescovi, a voi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, e a tutti i
cittadini e i fedeli di Malta e di Gozo per l’accoglienza e l’affetto ricevuti. Questa
sera, dopo aver incontrato diversi fratelli e sorelle migranti, sarà già ora di fare
ritorno a Roma, ma porterò con me molti momenti e parole di questi giorni. Tanti
gesti. Soprattutto conserverò nel cuore tanti volti, e il volto luminoso di Malta!
Ringrazio anche coloro che hanno lavorato per questa visita; e vorrei salutare
cordialmente i fratelli e le sorelle di varie confessioni cristiane e religioni che ho
incontrato. A tutti chiedo di pregare per me; io lo farò per voi. Preghiamo a
vicenda!
In queste isole si respira il senso del Popolo di Dio. Andate avanti così, ricordando
che la fede cresce nella gioia e si rafforza nel dono. Proseguite la catena di santità
che ha portato tanti maltesi a donarsi con entusiasmo a Dio e agli altri. Penso a Dun
Ġorġ Preca, canonizzato quindici anni fa. E vorrei infine rivolgere una parola ai
giovani, che sono il vostro avvenire. Cari amici giovani, condivido con voi la cosa più
bella della vita. Sapete qual è? È la gioia di spendersi nell’amore, che ci fa liberi. Ma
questa gioia ha un nome: Gesù. Vi auguro la bellezza di innamorarvi di Gesù, che è
Dio della misericordia – lo abbiamo sentito oggi nel Vangelo –, che crede in voi,
sogna con voi, ama le vostre vite e non vi deluderà mai. E per andare avanti
sempre con Gesù anche con la famiglia, con il popolo di Dio, non dimenticatevi delle
radici. Parlate con i vecchi, parlate con i nonni, parlate con gli anziani!
Il Signore vi accompagni e la Madonna vi custodisca. La preghiamo ora per la pace,
pensando alla tragedia umanitaria della martoriata Ucraina, ancora sotto i
bombardamenti di questa guerra sacrilega. Non stanchiamoci di pregare e di aiutare
chi soffre. La pace sia con voi!

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO A MALTA (2-3 APRILE 2022) INCONTRO CON I MIGRANTI DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!
Vi saluto tutti con affetto; sono contento di concludere la mia visita a Malta stando
un po’ con voi. Ringrazio Padre Dionisio per la sua accoglienza; e soprattutto sono
grato a Daniel e a Siriman per le loro testimonianze: ci avete aperto il vostro cuore
e la vostra vita, e nello stesso tempo vi siete fatti portavoce di tanti fratelli e
sorelle, costretti a lasciare la patria per cercare un rifugio sicuro.
Come dicevo qualche mese fa a Lesbo, «sono qui per dirvi che vi sono vicino… Sono
qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi» (Discorso a Mytilene, 5
dicembre 2021). Dal giorno in cui andai a Lampedusa, non vi ho mai dimenticato. Vi
porto sempre nel cuore e siete sempre presenti nelle mie preghiere.
In questo incontro con voi migranti emerge pienamente il significato del motto del
mio viaggio a Malta. È una citazione degli Atti degli Apostoli che dice: «Ci trattarono
con rara umanità» (28,2). Si riferisce al modo in cui i maltesi accolsero l’Apostolo
Paolo e tutti quelli che insieme a lui erano naufragati nei pressi dell’Isola. Li
trattarono “con rara umanità”. Non solo con umanità, ma con una umanità non
comune, una premura speciale, che San Luca ha voluto immortalare nel libro degli
Atti. Auguro a Malta di trattare sempre in questo modo quanti approdano alle sue
coste, di essere davvero per loro un “porto sicuro”.
Quella del naufragio è un’esperienza che migliaia di uomini, donne e bambini hanno
fatto in questi anni nel Mediterraneo. E purtroppo per molti di loro è stata tragica.
Proprio ieri si è appresa la notizia di un salvataggio avvenuto al largo della Libia, di
soli quattro migranti di un’imbarcazione che ne conteneva circa novanta. Preghiamo
per questi nostri fratelli che hanno trovato la morte nel nostro Mare Mediterraneo. E
preghiamo anche per essere salvati da un altro naufragio che si consuma mentre
succedono questi fatti: è il naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi,
ma tutti noi. Come possiamo salvarci da questo naufragio che rischia di far
affondare la nave della nostra civiltà? Comportandoci con umanità. Guardando le
persone non come dei numeri, ma per quello che sono – come ci ha detto Siriman
–, cioè dei volti, delle storie, semplicemente uomini e donne, fratelli e sorelle. E
pensando che al posto di quella persona che vedo su un barcone o in mare alla
televisione, o in una foto, al posto suo potrei esserci io, o mio figlio, o mia figlia…
Forse anche in questo momento, mentre siamo qui, dei barconi stanno
attraversando il mare da sud a nord… Preghiamo per questi fratelli e sorelle che
rischiano la vita nel mare in cerca di speranza. Anche voi avete vissuto questo
dramma, e siete arrivati qui.
Le vostre storie fanno pensare a quelle di migliaia e migliaia di persone che nei
giorni scorsi sono state costrette a fuggire dall’Ucraina a causa di quella guerra
ingiusta e selvaggia. Ma anche a quelle di tanti altri uomini e donne che, alla ricerca
di un luogo sicuro, si sono visti obbligati a lasciare la propria casa e la propria terra
in Asia, in Africa e nelle Americhe, penso ai Rohingya… A tutti loro vanno il mio
pensiero e la mia preghiera in questo momento.
Qualche tempo fa avevo ricevuto da questo vostro Centro un’altra testimonianza: la
storia di un giovane che raccontava il momento doloroso in cui aveva dovuto
lasciare sua madre e la sua famiglia di origine. Questo mi aveva commosso e fatto
riflettere. Ma anche tu Daniel, anche tu Siriman, e ognuno di voi ha vissuto questa
esperienza di partire staccandosi dalle proprie radici. È uno strappo. Uno strappo
che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita
profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per
risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di
umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere,
accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere,
per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite.
Penso ai centri di accoglienza: quanto è importante che siano luoghi di umanità!
Sappiamo che è difficile, ci sono tanti fattori che alimentano tensioni e rigidità. E
tuttavia, in ogni continente, ci sono persone e comunità che accettano la sfida,
consapevoli che la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la
civiltà. E per noi cristiani è in gioco anche la fedeltà al Vangelo di Gesù, che ha
detto «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35). Questo non si crea in un
giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto
di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi. Penso
che dobbiamo dire un grande “grazie” a chi ha accettato tale sfida qui a Malta e ha
dato vita a questo Centro. Lo facciamo con un applauso, tutti insieme!
Permettetemi, fratelli e sorelle, di esprimere un mio sogno. Che voi migranti, dopo
aver sperimentato un’accoglienza ricca di umanità e di fraternità, possiate diventare
in prima persona testimoni e animatori di accoglienza e di fraternità. Qui e dove Dio
vorrà, dove la Provvidenza guiderà i vostri passi. Questo è il sogno che desidero
condividere con voi e che metto nelle mani di Dio. Perché ciò che è impossibile a noi
non è impossibile a Lui. Ritengo molto importante che nel mondo di oggi i migranti
diventino testimoni dei valori umani essenziali per una vita dignitosa e fraterna.
Sono valori che voi portate dentro, che appartengono alle vostre radici. Una volta
rimarginata la ferita dello strappo, dello sradicamento, voi potete far emergere
questa ricchezza che portate dentro, un patrimonio di umanità preziosissimo, e
metterla in comune con le comunità nelle quali siete accolti e negli ambienti dove vi
inserite. Questa è la strada! La strada della fraternità e dell’amicizia sociale. Qui c’è
il futuro della famiglia umana in un mondo globalizzato. Sono contento di poter
condividere oggi questo sogno con voi, così come voi, nelle vostre testimonianze,
condividete i vostri sogni con me!
Mi pare che qui ci sia anche la risposta alla questione che sta al centro della tua
testimonianza, Siriman. Tu ci hai ricordato che chi deve lasciare il proprio Paese
parte con un sogno nel cuore: il sogno della libertà e della democrazia. Questo
sogno si scontra con una realtà dura, spesso pericolosa, a volte terribile, disumana.
Tu hai dato voce all’appello soffocato di milioni di migranti i cui diritti fondamentali
sono violati, purtroppo a volte con la complicità delle autorità competenti. E questo
è così, e questo voglio dirlo così: purtroppo a volte con la complicità delle autorità
competenti. E hai richiamato l’attenzione sul punto-chiave: la dignità della persona.
Lo ribadisco con le tue parole: voi non siete numeri, ma persone in carne e ossa,
volti, sogni a volte infranti.
Da questo si può e si deve ripartire: dalle persone e dalla loro dignità. Non
lasciamoci ingannare da chi dice: “Non c’è niente da fare”, “sono problemi più
grandi di noi”, “io faccio gli affari miei, e gli altri che si arrangino”. No. Non cadiamo
in questa trappola. Rispondiamo alla sfida dei migranti e dei rifugiati con lo stile
dell’umanità, accendiamo fuochi di fraternità, intorno ai quali le persone possano
riscaldarsi, risollevarsi, riaccendere la speranza. Rafforziamo il tessuto dell’amicizia
sociale e la cultura dell’incontro, partendo da luoghi come questo, che certamente
non saranno perfetti, ma sono “laboratori di pace”.
E poiché questo Centro porta il nome del Papa San Giovanni XXIII, mi piace
ricordare quello che egli scrisse alla fine della sua memorabile Enciclica sulla pace:
«Allontani [il Signore] dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo – la
pace –; e li trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno. Illumini i
responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei
loro cittadini garantiscano e difendano il gran dono della pace; accenda le volontà di
tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità,
a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in virtù della
sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la
desideratissima pace» (Pacem in terris, 91).
Cari fratelli e sorelle, fra poco, assieme ad alcuni di voi, accenderò una candela
davanti all’immagine della Madonna. Un gesto semplice, ma con un grande
significato. Nella tradizione cristiana, quella piccola fiammella è simbolo della fede
in Dio. Ed è anche simbolo della speranza, una speranza che Maria, nostra Madre,
sostiene nei momenti più difficili. È la speranza che ho visto oggi nei vostri occhi,
che ha dato senso al vostro viaggio e vi fa andare avanti. La Madonna vi aiuti a non
perdere mai questa speranza! A Lei affido ciascuno di voi e le vostre famiglie, e vi
porto con me nel mio cuore e nella mia preghiera. E anche voi, mi raccomando, non
dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
PREGHIERA AL TERMINE DELL’INCONTRO CON I MIGRANTI
Signore Dio, creatore dell’universo,
sorgente di libertà e di pace,
di amore e di fraternità,
Tu ci hai creato a tua immagine
e hai infuso in tutti noi il tuo soffio vitale,
per farci partecipi del tuo essere in comunione.
Anche quando abbiamo infranto la tua alleanza
Tu non ci hai abbandonato in potere della morte
ma nella tua infinita misericordia
sempre ci hai chiamato a ritornare a Te
e a vivere come tuoi figli.
Infondi in noi il tuo Santo Spirito
e donaci un cuore nuovo,
capace di ascoltare il grido, spesso silenzioso,
dei nostri fratelli e sorelle che hanno perduto
il calore della casa e della patria.
Fa’ che possiamo donare loro speranza
con sguardi e gesti di umanità.
Fa’ di noi strumenti di pace
e di concreto amore fraterno.
Liberaci dalle paure e dai pregiudizi,
per fare nostre le loro sofferenze
e lottare insieme contro l’ingiustizia;
perché cresca un mondo in cui ogni persona
sia rispettata nella sua inviolabile dignità,
quella che Tu, o Padre, hai posto in noi
e il tuo Figlio ha consacrato per sempre.
Amen.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO A MALTA (2-3 APRILE 2022) INCONTRO CON LE AUTORITÀ, LA SOCIETÀ CIVILE E IL CORPO DIPLOMATICO DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
distinte Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società e del mondo della cultura,
Signore e Signori!
Vi saluto cordialmente e ringrazio il Signor Presidente per le cortesi parole che mi
ha rivolto a nome di tutti i cittadini. I vostri antenati diedero ospitalità all’Apostolo
Paolo mentre era diretto a Roma, trattando lui e i suoi compagni di viaggio «con
rara umanità» (At 28,2); ora, venendo da Roma, sperimento anch’io la calorosa
accoglienza dei maltesi, tesoro che nel Paese si tramanda di generazione in
generazione.
Per la sua posizione Malta può essere definita il cuore del Mediterraneo. Ma non solo
per la posizione: l’intreccio di avvenimenti storici e l’incontro di popolazioni fanno da
millenni di queste isole un centro di vitalità e di cultura, di spiritualità e di bellezza,
un crocevia che ha saputo accogliere e armonizzare influssi provenienti da molte
parti. Questa diversità di influssi fa pensare alla varietà dei venti che caratterizzano
il Paese. Non a caso nelle antiche rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo la
rosa dei venti era spesso collocata vicino all’isola di Malta. Vorrei prendere in
prestito proprio l’immagine della rosa dei venti, che posiziona le correnti d’aria in
base ai quattro punti cardinali, per delineare quattro influssi essenziali per la vita
sociale e politica di questo Paese.
È prevalentemente da nord-ovest che i venti soffiano sulle isole maltesi. Il nord
richiama l’Europa, in particolare la casa dell’Unione Europea, edificata perché vi
abiti una grande famiglia unita nel custodire la pace. Unità e pace sono i doni che il
popolo maltese chiede a Dio ogni volta che intona l’inno nazionale. La preghiera
scritta da Dun Karm Psaila recita infatti: «Dona, Dio Onnipotente, saggezza e
misericordia a chi governa, salute a chi lavora, e assicura al popolo maltese unità e
pace». La pace segue l’unità e sgorga da essa. Ciò richiama l’importanza di lavorare
insieme, di anteporre la coesione a ogni divisione, di rinsaldare radici e valori
condivisi che hanno forgiato l’unicità della società maltese.
Ma per garantire una buona convivenza sociale, non basta consolidare il senso di
appartenenza; occorre rafforzare le fondamenta del vivere comune, che poggia sul
diritto e sulla legalità. L’onestà, la giustizia, il senso del dovere e la trasparenza
sono pilastri essenziali di una società civilmente progredita. L’impegno a rimuovere
l’illegalità e la corruzione sia dunque forte, come il vento che, soffiando da nord,
spazza le coste del Paese. E siano sempre coltivate la legalità e la trasparenza, che
permettono di sradicare malvivenza e criminalità, accomunate dal fatto di non agire
alla luce del sole.
La casa europea, che s’impegna nel promuovere i valori della giustizia e dell’equità
sociale, è anche in prima linea per la salvaguardia della più ampia casa del creato.
L’ambiente in cui viviamo è un regalo del cielo, come ancora riconosce l’inno
nazionale, chiedendo a Dio di guardare la bellezza di questa terra, madre adornata
della più alta luce. È vero, a Malta, dove la luminosità del paesaggio allevia le
difficoltà, il creato appare come il dono che, fra le prove della storia e della vita,
ricorda la bellezza di abitare la terra. Va perciò custodito dall’avidità vorace,
dall’ingordigia del denaro e dalla speculazione edilizia, che non compromette solo il
paesaggio, ma il futuro. Invece, la tutela dell’ambiente e la giustizia sociale
preparano l’avvenire, e sono ottime vie per far appassionare i giovani alla buona
politica, sottraendoli alle tentazioni del disinteresse e del disimpegno.
Il vento del nord si mescola spesso con quello che spira da ovest. Questo Paese
europeo, in particolare nella sua gioventù, condivide infatti gli stili di vita e di
pensiero occidentali. Da ciò derivano grandi beni – penso per esempio ai valori della
libertà e della democrazia –, ma anche rischi su cui occorre vigilare, perché la
brama del progresso non porti a staccarsi dalle radici. Malta è un meraviglioso
“laboratorio di sviluppo organico”, dove progredire non significa tagliare le radici con
il passato in nome di una falsa prosperità dettata dal profitto, dai bisogni indotti dal
consumismo, oltre che dal diritto di avere qualsiasi diritto. Per uno sviluppo sano, è
importante custodire la memoria e tessere con rispetto l’armonia tra le generazioni,
senza lasciarsi assorbire da omologazioni artificiali e da colonizzazioni ideologiche,
che spesso avvengono, per esempio, nel campo della vita, del principio della vita.
Sono colonizzazioni ideologiche che vanno contro il diritto alla vita dal momento del
concepimento.
Alla base di una crescita solida c’è la persona umana, il rispetto della vita e della
dignità di ogni uomo e di ogni donna. Conosco l’impegno dei maltesi
nell’abbracciare e proteggere la vita. Già negli Atti degli Apostoli vi distinguevate
per salvare tanta gente. Vi incoraggio a continuare a difendere la vita dall’inizio fino
al suo termine naturale, ma anche a custodirla in ogni momento dallo scarto e dalla
trascuratezza. Penso specialmente alla dignità dei lavoratori, degli anziani e dei
malati. E ai giovani, che rischiano di buttare via il bene immenso che sono,
inseguendo miraggi che lasciano dentro tanto vuoto. È quello che provocano il
consumismo esasperato, la chiusura alle necessità degli altri e la piaga della droga,
che soffoca la libertà creando dipendenza. Proteggiamo la bellezza della vita!
Proseguendo nella rosa dei venti, guardiamo a sud. Da lì giungono tanti fratelli e
sorelle in cerca di speranza. Vorrei ringraziare le Autorità e la popolazione per
l’accoglienza loro riservata in nome del Vangelo, dell’umanità e del senso di
ospitalità tipico dei maltesi. Secondo l’etimologia fenicia, Malta significa “porto
sicuro”. Tuttavia, di fronte al crescente afflusso degli ultimi anni, timori e insicurezze
hanno generato scoraggiamento e frustrazione. Per ben affrontare la complessa
questione migratoria occorre situarla entro prospettive più ampie di tempo e di
spazio. Di tempo: il fenomeno migratorio non è una circostanza del momento, ma
segna la nostra epoca. Porta con sé i debiti di ingiustizie passate, di tanto
sfruttamento, di cambiamenti climatici e di sventurati conflitti di cui si pagano le
conseguenze. Dal sud povero e popolato masse di persone si spostano verso il nord
più ricco: è un dato di fatto, che non si può respingere con anacronistiche chiusure,
perché non vi saranno prosperità e integrazione nell’isolamento. C’è poi da
considerare lo spazio: l’allargamento dell’emergenza migratoria – pensiamo ai
rifugiati dalla martoriata Ucraina adesso – chiede risposte ampie e condivise. Non
possono alcuni Paesi sobbarcarsi l’intero problema nell’indifferenza di altri! E non
possono Paesi civili sancire per proprio interesse torbidi accordi con malviventi che
schiavizzano le persone. Purtroppo questo succede. Il Mediterraneo ha bisogno di
corresponsabilità europea, per diventare nuovamente teatro di solidarietà e non
essere l’avamposto di un tragico naufragio di civiltà. Il mare nostrum non può
diventare il cimitero più grande dell’Europa.
E a proposito di naufragio, penso a San Paolo, che nel corso della sua ultima
traversata nel Mediterraneo giunse su queste coste in modo imprevisto e fu
soccorso. Poi, morso da una vipera, fu giudicato un malvivente; poco dopo, invece,
venne ritenuto una divinità per non averne subito conseguenze (cfr At 28,3-6). Tra
le esagerazioni dei due estremi sfuggiva l’evidenza primaria: Paolo era un uomo,
bisognoso di accoglienza. L’umanità viene prima di tutto e premia in tutto: lo
insegna questo Paese, la cui storia ha beneficiato del disperato arrivo dell’apostolo
naufrago. In nome del Vangelo che egli visse e predicò, allarghiamo il cuore e
riscopriamo la bellezza di servire i bisognosi. Continuiamo su questa strada. Mentre
oggi, nei confronti di chi attraversa il Mediterraneo in cerca di salvezza, prevalgono
il timore e “la narrazione dell’invasione”, e l’obiettivo primario sembra essere la
tutela ad ogni costo della propria sicurezza, aiutiamoci a non vedere il migrante
come una minaccia e a non cedere alla tentazione di innalzare ponti levatoi e di
erigere muri. L’altro non è un virus da cui difendersi, ma una persona da accogliere,
e «l’ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente,
la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone»
(Esort. ap. Evangelii gaudium, 88). Non lasciamo che l’indifferenza spenga il sogno
di vivere insieme! Certo, accogliere costa fatica e richiede rinunce. Anche per San
Paolo fu così: per mettersi in salvo fu prima necessario sacrificare i beni della nave
(cfr At 27,38). Ma sono sante le rinunce fatte per un bene più grande, per la vita
dell’uomo, che è il tesoro di Dio!
C’è, infine, il vento proveniente da est, che spesso soffia all’aurora. Omero lo
chiamava “Euro” (Odissea V,379.423). Ma proprio dall’est Europa, dall’Oriente dove
sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di
altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi
oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte,
distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate
di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle
anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente
comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà.
Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, per favore, non facciamo
svanire il sogno della pace.
Malta, che brilla di luce nel cuore del Mediterraneo, può ispirarci, perché è urgente
ridare bellezza al volto dell’uomo, sfigurato dalla guerra. Una bella statua
mediterranea risalente a secoli prima di Cristo raffigura la pace, Irene, come una
donna che ha in braccio Pluto, la ricchezza. Ricorda che la pace genera benessere e
la guerra solo povertà. E fa pensare il fatto che nella statua pace e ricchezza siano
raffigurate come una mamma che tiene in braccio un bimbo. La tenerezza delle
madri, che danno al mondo la vita, e la presenza delle donne sono l’alternativa vera
alla logica scellerata del potere, che porta alla guerra. Di compassione e di cura
abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi, che si nutrono di parole
d’odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune.
Più di sessant’anni fa, a un mondo minacciato dalla distruzione, dove a dettare
legge erano le contrapposizioni ideologiche e la ferrea logica degli schieramenti, dal
bacino mediterraneo si levò una voce controcorrente, che all’esaltazione della
propria parte oppose un sussulto profetico in nome della fraternità universale. Era
la voce di Giorgio La Pira, che disse: «La congiuntura storica che viviamo, lo scontro
di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile
infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di
nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza
possa riconoscersi» (Intervento al Congresso Mediterraneo della Cultura, 19
febbraio 1960). Sono parole attuali; possiamo ripeterle perché hanno una grande
attualità. Quanto ci serve una “misura umana” davanti all’aggressività infantile e
distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una “guerra fredda allargata” che
può soffocare la vita di interi popoli e generazioni! Quell’“infantilismo”, purtroppo,
non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi
imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai
più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a
pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della
guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata
da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come
l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi
decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi
potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza.
E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle
disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche.
Ma la soluzione alle crisi di ciascuno è prendersi cura di quelle di tutti, perché i
problemi globali richiedono soluzioni globali. Aiutiamoci ad ascoltare la sete di pace
della gente, lavoriamo per porre le basi di un dialogo sempre più allargato,
ritorniamo a riunirci in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il
tema del disarmo, con lo sguardo rivolto alle generazioni che verranno! E gli ingenti
fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo
sviluppo, alla salute e alla nutrizione.
Guardando ancora ad est, vorrei infine rivolgere un pensiero al vicino Medio
Oriente, che si riflette nella lingua di questo Paese, la quale si armonizza con altre,
quasi a ricordare la capacità dei maltesi di generare benefiche convivenze, in una
sorta di convivialità delle differenze. Di questo ha bisogno il Medio Oriente: il
Libano, la Siria, lo Yemen e altri contesti dilaniati da problemi e violenza. Malta,
cuore del Mediterraneo, continui a far pulsare il battito della speranza, la cura per la
vita, l’accoglienza dell’altro, l’anelito di pace, con l’aiuto di Dio, il cui nome è pace.
Dio benedica Malta e Gozo!

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLE DELEGAZIONI DEI POPOLI INDIGENI DEL CANADA

[…] Ma il vostro albero che porta frutto ha subito una tragedia, che mi avete
raccontato in questi giorni: quella dello sradicamento. La catena che ha tramandato
conoscenze e stili di vita, in unione con il territorio, è stata spezzata dalla
colonizzazione, che senza rispetto ha strappato molti di voi dall’ambiente vitale e ha
provato ad uniformarvi a un’altra mentalità. Così la vostra identità e la vostra
cultura sono state ferite, molte famiglie separate, tanti ragazzi sono diventati
vittime di questa azione omologatrice, sostenuta dall’idea che il progresso avvenga
per colonizzazione ideologica, secondo programmi studiati a tavolino anziché
rispettando la vita dei popoli. È qualcosa che, purtroppo, avviene anche oggi, a vari
livelli: le colonizzazioni ideologiche. Quante colonizzazioni politiche, ideologiche ed
economiche ci sono ancora nel mondo, sospinte dall’avidità, dalla sete di profitto,
incuranti delle popolazioni, delle loro storie e delle loro tradizioni, e della casa
comune del creato. È purtroppo ancora molto diffusa questa mentalità coloniale.
Aiutiamoci insieme a superarla. […]

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PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE

APPELLO
Cari fratelli e sorelle, sabato e domenica prossimi mi recherò a Malta. In quella terra
luminosa sarò pellegrino sulle orme dell’Apostolo Paolo, che lì fu accolto con grande
umanità dopo aver fatto naufragio in mare mentre era diretto a Roma. Questo
Viaggio Apostolico sarà così l’occasione per andare alle sorgenti dell’annuncio del
Vangelo, per conoscere di persona una comunità cristiana dalla storia millenaria e
vivace, per incontrare gli abitanti di un Paese che si trova al centro del Mediterraneo
e nel sud del continente europeo, oggi ancora più impegnato nell’accoglienza di
tanti fratelli e sorelle in cerca di rifugio. Fin da ora saluto di cuore tutti voi maltesi:
buona giornata. Ringrazio quanti si sono impegnati per preparare questa visita e
chiedo a ciascuno di accompagnarmi con la preghiera. Grazie! […]

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PAPA FRANCESCO ANGELUS

Dopo l’Angelus:
Cari fratelli e sorelle!
È passato più di un mese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dall’inizio di questa
guerra crudele e insensata che, come ogni guerra, rappresenta una sconfitta per
tutti, per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e
le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli
nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono.
La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società. Ho letto
che dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal
Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più
piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego!
La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla
guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani.
Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti
colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è
giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima
che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia.
Prego per ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo!
E, guardando alla martoriata Ucraina, di capire che ogni giorno di guerra peggiora la
situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le
armi, si tratti seriamente per la pace! Preghiamo ancora, senza stancarci, la Regina
della pace, alla quale abbiamo consacrato l’umanità, in particolare la Russia e
l’Ucraina, con una partecipazione grande e intensa, per la quale ringrazio tutti voi.
Preghiamo insieme. Ave Maria… […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLA FEDERAZIONE ITALIANA RICETRASMISSIONI

[…] Ho sentito che vi state impegnando a dare il vostro contributo anche al servizio
dei tanti fratelli e sorelle che sono fuggiti dall’Ucraina a causa della guerra. Vi
ringrazio per questo. Speriamo e preghiamo perché questa guerra – vergognosa per
tutti noi, per tutta l’umanità – finisca al più presto: è inaccettabile; ogni giorno in
più aggiunge altre morti e distruzioni. Tanta gente si è mobilitata per soccorrere i
profughi. Gente comune, specialmente nei Paesi confinanti, ma anche qui in Italia,
dove sono arrivati e continuano ad arrivare migliaia di ucraini. Il vostro contributo è
prezioso, è un modo concreto, artigianale di costruire la pace. E condivido quello
che ha detto il Presidente, parlando di Protezione civile europea: l’Europa sta dando
la sua risposta a questa guerra, oltre che sul piano delle alte Istituzioni, anche sul
piano della società civile, delle associazioni di volontariato come la vostra. Questo
modo di reagire è fondamentale e indispensabile, rigenera il tessuto umano e
sociale, in presenza di una ferita così grave e così grande come quella causata dalla
guerra. Bisogna aiutare i profughi ucraini, non solo in questo momento, ma poi, più
avanti, quando la memoria della guerra si allontana, perché in quel tempo avranno
più difficoltà di adesso: perché adesso tutti noi siamo insieme, e poi … Occorre
pensare al futuro, e non è facile. […]

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PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE

APPELLO
Vorrei prendere un minuto per ricordare le vittime della guerra. Le notizie delle
persone sfollate, delle persone che fuggono, delle persone morte, delle persone
ferite, di tanti soldati caduti da una parte e dall’altra, sono notizie di morte.
Chiediamo al Signore della vita che ci liberi da questa morte della guerra. Con la
guerra tutto si perde, tutto. Non c’è vittoria in una guerra: tutto è sconfitto. Che il
Signore invii il suo Spirito perché ci faccia capire che la guerra è una sconfitta
dell’umanità, ci faccia capire che occorre invece sconfiggere la guerra. Lo Spirito del
Signore ci liberi tutti da questo bisogno di auto-distruzione, che si manifesta
facendo la guerra. Preghiamo anche perché i governanti capiscano che comprare
armi e fare armi non è la soluzione del problema. La soluzione è lavorare insieme
per la pace e, come dice la Bibbia, fare delle armi strumenti per la pace. Preghiamo
insieme la Madonna: Ave Maria… […]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO, A FIRMA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO PIETRO PAROLIN, IN OCCASIONE DEL 9° FORUM MONDIALE DELL’ACQUA

A nome di Papa Francesco, vorrei porgere i miei più cordiali saluti a tutti i
partecipanti riuniti per il 9° Forum Mondiale dell’Acqua, che ha come tema La
sicurezza dell’acqua per la pace e lo sviluppo . È bene sottolineare l’importanza
della questione, posto che le sfide attuali e future che la riguardano per la nostra
umanità sono numerose.
Il nostro mondo ha sete di pace, di questo bene indivisibile che necessita dello
sforzo e del contributo costante di ognuno e che si fonda soprattutto sul
soddisfacimento dei bisogni essenziali e vitali di ogni persona umana.
La sicurezza dell’acqua è oggi minacciata da diversi fattori, in particolare
l’inquinamento, i conflitti, il cambiamento climatico e lo sfruttamento abusivo delle
risorse naturali. L’acqua costituisce pertanto una preziosa carta vincente per la
pace. Per questo non la si può considerare semplicemente come un bene privato,
generatore di profitto mercantile e soggetto alle leggi del mercato.
Inoltre il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienici è strettamente legato al diritto
alla vita, che è radicato nella dignità inalienabile della persona umana e costituisce
una condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. L’accesso all’acqua e ai servizi
igienici costituisce in realtà un «diritto umano essenziale, fondamentale e
universale, perché determina la sopravvivenza delle persone». Di conseguenza il
mondo ha «un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua
potabile» (Francesco, Enciclica Laudato si’ , n. 30.), ma anche verso tutti coloro per
i quali le sorgenti d’acqua potabile tradizionali sono state inquinate al punto da
renderle pericolose, distrutte dalle armi e rese inutilizzabili, o ancora prosciugate in
seguito a una cattiva gestione forestale.
Oggi più di due miliardi di persone si vedono private di un accesso all’acqua potabile
e/o ai servizi igienici. Pensiamo a tutte le conseguenze concrete che ciò può avere
in particolare per i pazienti dei centri sanitari, per le donne partorienti, per i
prigionieri, i rifugiati, gli sfollati.
Rivolgo un appello a tutti i responsabili e i dirigenti politici, economici, alle diverse
amministrazioni, e a quanti sono in grado di orientare la ricerca, i finanziamenti,
l’educazione e lo sfruttamento delle risorse naturali e dell’acqua in particolare,
affinché abbiano a cuore di servire degnamente il bene comune, con
determinazione, integrità e con spirito di cooperazione (Cfr. Discorso ai partecipanti
al 3° Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, 5 novembre 2016).
Sottolineiamo inoltre che «affrontare la carenza idrica e migliorare la gestione delle
risorse idriche, in particolare da parte delle comunità, può contribuire a creare
maggiore coesione sociale e solidarietà» (Aqua fons vitae, n. 26), a iniziare dei
processi (Cfr. Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 223), a
intessere legami. Di fatto, l’acqua è per noi un dono di Dio e un’eredità comune la
cui destinazione universale va assicurata per ogni generazione.
Inoltre, è un dato di fatto che «le acque dolci, sia di superficie che sotterranee,
sono in gran parte transfrontaliere. [Di conseguenza]… quali condizioni di pace si
otterrebbero se i Paesi potessero collaborare in questo campo in varie aree del
mondo più di quanto non avvenga attualmente […] La presenza di comprovati
meccanismi di cooperazione transfrontaliera nel settore idrico è un importante
contributo alla pace e alla prevenzione dei conflitti armati» (Aqua fons vitae, n. 27).
A tale proposito come non pensare al fiume Senegal, ma anche al Niger, al Nilo e
agli altri grandi fiumi che attraversano molti Paesi? In tutte queste situazioni,
l’acqua deve diventare un simbolo di accoglienza e di benedizione, un motivo di
incontro e di collaborazione che faccia crescere la fiducia reciproca e la fratellanza.
Ricordiamo che «all’origine di quella che, in senso cosmico, chiamiamo “natura”’, vi
è un disegno di amore e di verità [e che] il mondo non è il prodotto di una
qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso». Gestire l’acqua in maniera
sostenibile e con istituzioni efficienti e solidali non costituisce dunque solo un
contributo alla pace; è anche un modo di riconoscere questo dono del creato che ci
è affidato affinché insieme ce ne prendiamo cura.
Papa Francesco vi assicura della sua preghiera affinché questo Forum Mondiale
dell’Acqua sia l’occasione per lavorare insieme alla realizzazione del diritto all’acqua
potabile e ai servizi igienici per ogni persona umana, e affinché contribuisca così a
fare dell’acqua un vero simbolo di condivisione, dialogo costruttivo e responsabile a
favore di una pace duratura, in quanto edificata sulla fiducia.
Cardinale Pietro Parolin
Segretario di Stato di Sua Santità