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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN CILE E PERÙ (15-22 GENNAIO 2018) INCONTRO CON I POPOLI DELL’AMAZZONIA DISCORSO DEL SANTO PADRE

[…]
Probabilmente i popoli originari dell’Amazzonia non sono mai stati tanto minacciati
nei loro territori come lo sono ora. L’Amazzonia è una terra disputata su diversi fronti:
da una parte, il neo-estrattivismo e la forte pressione da parte di grandi interessi
economici che dirigono la loro avidità sul petrolio, il gas, il legno, l’oro, le monocolture
agro-industriali; dall’altra parte, la minaccia contro i vostri territori viene anche dalla
perversione di certe politiche che promuovono la “conservazione” della natura senza
tenere conto dell’essere umano e, in concreto, di voi fratelli amazzonici che la abitate.
Siamo a conoscenza di movimenti che, in nome della conservazione della foresta, si
appropriano di grandi estensioni di boschi e negoziano su di esse generando situazioni
di oppressione per i popoli originari per i quali, in questo modo, il territorio e le risorse
naturali che vi si trovano diventano inaccessibili. Questa problematica soffoca i vostri
popoli e causa migrazioni delle nuove generazioni di fronte alla mancanza di
alternative locali. Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia
come una dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti.
Considero imprescindibile compiere sforzi per dar vita a spazi istituzionali di rispetto,
riconoscimento e dialogo con i popoli nativi; assumendo e riscattando cultura, lingua,
tradizioni, diritti e spiritualità che sono loro propri. Un dialogo interculturale in cui voi
siate «i principali interlocutori, soprattutto nel momento in cui si procede con grandi
progetti che interessano i [vostri] spazi».[1] Il riconoscimento e il dialogo saranno la
via migliore per trasformare le antiche relazioni segnate dall’esclusione e dalla
discriminazione.
D’altra parte, è giusto riconoscere che esistono iniziative di speranza che sorgono
dalle vostre stesse realtà locali e dalle vostre organizzazioni e cercano di fare in modo
che gli stessi popoli originari e le comunità siano i custodi delle foreste, e che le
risorse prodotte dalla loro conservazione ritornino a beneficio delle vostre famiglie, a
miglioramento delle vostre condizioni di vita, della salute e dell’istruzione delle vostre
comunità. Questo “buon agire” è in sintonia con le pratiche del “buon vivere” che
scopriamo nella saggezza dei nostri popoli. E permettetemi di dirvi che se, da
qualcuno, voi siete considerati un ostacolo o un “ingombro”, in verità, voi con la
vostra vita siete un grido rivolto alla coscienza di uno stile di vita che non è in grado
di misurare i suoi costi. Voi siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a
tutti noi: avere cura della casa comune.
La difesa della terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita. Conosciamo
la sofferenza che alcuni di voi patiscono per le fuoriuscite di idrocarburi che
minacciano seriamente la vita delle vostre famiglie e inquinano il vostro ambiente
naturale.
Parallelamente, esiste un’altra devastazione della vita che viene provocata con questo
inquinamento ambientale causato dall’estrazione illegale. Mi riferisco alla tratta di
persone: la mano d’opera schiavizzata e l’abuso sessuale. La violenza contro gli
adolescenti e contro le donne è un grido che sale al cielo: «Mi ha sempre addolorato
la situazione di coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone. Vorrei
che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9).
Dov’è il tuo fratello schiavo? […] Non facciamo finta di niente e non guardiamo
dall’altra parte. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti!».[2]
[…]

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN CILE E PERÙ (15-22 GENNAIO 2018) SANTA MESSA E CELEBRAZIONE FRATERNA PER L’INTEGRAZIONE DEI POPOLI, IN ONORE DI NUESTRA SEÑORA DEL CARMEN, MADRE E REGINA DEL CILE

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Fratelli, Iquique è una “terra di sogni” (questo significa il nome in lingua aymara);
una terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture, gente che ha dovuto
lasciare i propri cari e partire. Una marcia sempre basata sulla speranza di ottenere
una vita migliore, ma sappiamo che è sempre accompagnata da bagagli carichi di
paura e di incertezza per quello che verrà. Iquique è una zona di immigrati che ci
ricorda la grandezza di uomini e donne; di famiglie intere che, davanti alle avversità,
non si danno per vinte e si fanno strada in cerca di vita. Essi – specialmente quelli
che devono lasciare la loro terra perché non hanno il minimo necessario per vivere –
sono icone della Santa Famiglia, che dovette attraversare deserti per poter continuare
a vivere.
Questa terra è terra di sogni, ma facciamo in modo che continui a essere anche terra
di ospitalità. Ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è gioia cristiana
quando si chiudono le porte; non c’è gioia cristiana quando si fa sentire agli altri che
sono di troppo o che tra di noi non c’è posto per loro (cfr Lc 16,31).
Come Maria a Cana, cerchiamo di imparare ad essere attenti nelle nostre piazze e nei
nostri villaggi e riconoscere coloro che hanno una vita “annacquata”; che hanno perso
– o ne sono stati derubati – le ragioni per celebrare. E non abbiamo paura di alzare
le nostre voci per dire: «Non hanno vino». Il grido del popolo di Dio, il grido del
povero, che ha forma di preghiera e allarga il cuore e ci insegna ad essere attenti.
Siamo attenti a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento
che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla
precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che
approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non
hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di
tante famiglie. E come Maria diciamo: non hanno vino.
Come i servi della festa, portiamo quello che abbiamo, per quanto sembri poco. Come
loro, non abbiamo paura a “dare una mano”, e che la nostra solidarietà e il nostro
impegno per la giustizia facciano parte del ballo e del canto che oggi possiamo
intonare a nostro Signore. Approfittiamo anche per imparare e lasciarci impregnare
dai valori, dalla sapienza e dalla fede che i migranti portano con sé. Senza chiuderci
a quelle “anfore” piene di sapienza e di storia che portano quanti continuano ad
arrivare in queste terre. Non priviamoci di tutto il bene che hanno da offrire. […]

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN CILE E PERÙ (15-22 GENNAIO 2018) INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO DISCORSO DEL SANTO PADRE

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Tale capacità di ascolto acquista un grande valore in questa Nazione, dove la pluralità
etnica, culturale e storica esige di essere custodita da ogni tentativo di parzialità o
supremazia e che mette in gioco la capacità di lasciar cadere dogmatismi esclusivisti
in una sana apertura al bene comune (che se non presenta un carattere comunitario
non sarà mai un bene). È indispensabile ascoltare: ascoltare i disoccupati, che non
possono sostenere il presente e ancor meno il futuro delle loro famiglie; ascoltare i
popoli autoctoni, spesso dimenticati, i cui diritti devono ricevere attenzione e la cui
cultura protetta, perché non si perda una parte dell’identità e della ricchezza di questa
Nazione. Ascoltare i migranti, che bussano alle porte di questo Paese in cerca di una
vita migliore e, a loro volta, con la forza e la speranza di voler costruire un futuro
migliore per tutti. Ascoltare i giovani, nella loro ansia di avere maggiori opportunità,
specialmente sul piano educativo e, così, sentirsi protagonisti del Cile che sognano,
proteggendoli attivamente dal flagello della droga che si prende il meglio delle loro
vite. Ascoltare gli anziani, con la loro saggezza tanto necessaria e il carico della loro
fragilità. Non li possiamo abbandonare. Ascoltare i bambini, che si affacciano al
mondo con i loro occhi pieni di meraviglia e innocenza e attendono da noi risposte
reali per un futuro di dignità. E qui non posso fare a meno di esprimere il dolore e la
vergogna, vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da
parte di ministri della Chiesa. Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché
è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo
impegnarci perché ciò non si ripeta. […]

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PAPA FRANCESCO: ANGELUS

Dopo l’Angelus
Cari fratelli e sorelle,
oggi ricorre la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Questa mattina ho
celebrato la Messa con un buon gruppo di migranti e rifugiati residenti nella diocesi
di Roma. Nel mio messaggio per questa Giornata ho sottolineato che le migrazioni
sono oggi un segno dei tempi. «Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è
un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto
o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). […] Al riguardo, desidero riaffermare che
la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui
principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».
D’ora in poi, per motivi pastorali, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
sarà celebrata la seconda domenica di settembre. La prossima, cioè la
centocinquesima, sarà domenica 8 settembre 2019. […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO

[…] È altrettanto importante che possano far ritorno in patria i numerosi profughi
che hanno trovato accoglienza e rifugio nelle Nazioni limitrofe, specialmente in
Giordania, in Libano e in Turchia. L’impegno e lo sforzo compiuto da questi Paesi in
tale difficile circostanza merita l’apprezzamento e il sostegno di tutta la Comunità
internazionale, la quale nel contempo è chiamata ad adoperarsi a creare le condizioni
per il rimpatrio dei rifugiati provenienti dalla Siria. È un impegno che essa deve
concretamente assumersi a cominciare dal Libano, affinché quell’amato Paese
continui ad essere un “messaggio” di rispetto e convivenza e un modello da imitare
per tutta la Regione e per il mondo intero. […]
[…]
In pari tempo, non si può dimenticare la situazione di famiglie spezzate a causa della
povertà, delle guerre e delle migrazioni. Abbiamo fin troppo spesso dinanzi ai nostri
occhi il dramma di bambini che da soli varcano i confini che separano il sud dal nord
del mondo, sovente vittime del traffico di esseri umani.
Oggi si parla molto di migranti e migrazioni, talvolta solo per suscitare paure
ancestrali. Non bisogna dimenticare che le migrazioni sono sempre esistite. Nella
tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza è essenzialmente storia di
migrazioni. Né bisogna dimenticare che la libertà di movimento, come quella di
lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali
dell’uomo[17]. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull’argomento e partire
dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone.
È quanto ho inteso ribadire con il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace,
celebratasi il 1° gennaio scorso, dedicato a “Migranti e rifugiati: uomini e donne in
cerca di pace”. Pur riconoscendo che non sempre tutti sono animati dalle migliori
intenzioni, non si può dimenticare che la maggior parte dei migranti preferirebbe
stare nella propria terra, mentre si trova costretta a lasciarla «a causa di
discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. […] Accogliere l’altro
richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione
vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che,
a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse
che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno
accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, “nei
limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere
quell’inserimento” (Pacem in terris, 57). Essi hanno una precisa responsabilità verso
le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo
armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì
a completare la torre che aveva cominciato a edificare (cfr Lc 14, 28-30)»[18].
Desidero nuovamente ringraziare le Autorità di quegli Stati che si sono prodigati in
questi anni per fornire assistenza ai numerosi migranti giunti ai loro confini. Penso
anzitutto all’impegno di non pochi Paesi in Asia, in Africa e nelle Americhe, che
accolgono e assistono numerose persone. Conservo ancora vivo nel cuore l’incontro
che ho avuto a Dacca con alcuni appartenenti al popolo Rohingya e desidero rinnovare
i sentimenti di gratitudine alle autorità del Bangladesh per l’assistenza che prestano
loro sul proprio territorio.
Desidero poi esprimere particolare gratitudine all’Italia che in questi anni ha mostrato
un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di
integrazione. Il mio auspicio è che le difficoltà che il Paese ha attraversato in questi
anni, le cui conseguenze permangono, non portino a chiusure e preclusioni, ma anzi
ad una riscoperta di quelle radici e tradizioni che hanno nutrito la ricca storia della
Nazione e che costituiscono un inestimabile tesoro da offrire al mondo intero.
Parimenti, esprimo apprezzamento per gli sforzi compiuti da altri Stati europei,
particolarmente la Grecia e la Germania. Non bisogna dimenticare che numerosi
rifugiati e migranti cercano di raggiungere l’Europa perché sanno di potervi trovare
pace e sicurezza, che sono peraltro il frutto di un lungo cammino nato dagli ideali dei
Padri fondatori del progetto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’Europa deve
essere fiera di questo suo patrimonio, basato su certi principi e su una visione
dell’uomo che affonda le basi sulla sua storia millenaria, ispirata dalla concezione
cristiana della persona umana. L’arrivo dei migranti deve spronarla a riscoprire il
proprio patrimonio culturale e religioso, così che, riprendendo coscienza dei valori sui
quali si è edificata, possa allo stesso tempo mantenere viva la propria tradizione e
continuare ad essere un luogo accogliente, foriero di pace e di sviluppo.
Nell’anno passato i governi, le organizzazioni internazionali e la società civile si sono
interpellati reciprocamente sui principi di base, sulle priorità e sulle modalità più
opportune per rispondere ai movimenti migratori ed alle situazioni protratte che
riguardano i rifugiati. Le Nazioni Unite, a seguito della Dichiarazione di New York per
i Rifugiati e i Migranti del 2016, hanno avviato importanti processi di preparazione in
vista dell’adozione di due Patti Mondiali (Global Compacts), rispettivamente, sui
rifugiati e per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
La Santa Sede auspica che tali sforzi, con i negoziati che si apriranno a breve, portino
risultati degni di una comunità mondiale sempre più interdipendente, fondata sui
principi di solidarietà e di mutuo aiuto. Nell’attuale contesto internazionale non
mancano le possibilità e i mezzi per assicurare ad ogni uomo e ogni donna che vive
sulla Terra condizioni di vita degne della persona umana.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, ho suggerito quattro
“pietre miliari” per l’azione: accogliere, proteggere, promuovere e integrare[19].
Vorrei soffermarmi in particolare su quest’ultima, sulla quale si confrontano posizioni
diverse alla luce di altrettante valutazioni, esperienze, preoccupazioni e
convincimenti. L’integrazione è “un processo bidirezionale”, con diritti e doveri
reciproci. Chi accoglie è infatti chiamato a promuovere lo sviluppo umano integrale,
mentre a chi è accolto si chiede l’indispensabile conformazione alle norme del Paese
che lo ospita, nonché il rispetto dei principi identitari dello stesso. Ogni processo di
integrazione deve mantenere sempre la tutela e la promozione delle persone,
specialmente di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità, al centro delle
norme che riguardano i vari aspetti della vita politica e sociale.
La Santa Sede non intende interferire nelle decisioni che spettano agli Stati, i quali,
alla luce delle rispettive situazioni politiche, sociali ed economiche, nonché delle
proprie capacità e possibilità di ricezione e di integrazione, hanno la prima
responsabilità dell’accoglienza. Tuttavia, essa ritiene di dover svolgere un ruolo di
“richiamo” dei principi di umanità e di fraternità, che fondano ogni società coesa ed
armonica. In tale prospettiva, è importante non dimenticare l’interazione con le
comunità religiose, sia istituzionali che a livello associativo, le quali possono svolgere
un ruolo prezioso di rinforzo nell’assistenza e nella protezione, di mediazione sociale
e culturale, di pacificazione e di integrazione. […]

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SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE PAPA FRANCESCO: ANGELUS

[…]
Come madre, Maria svolge una funzione molto speciale: si pone tra suo Figlio Gesù
e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, nella realtà delle loro indigenze e
sofferenze. Maria intercede, come a Cana, consapevole che in quanto madre può,
anzi, deve far presente al Figlio i bisogni degli uomini, specialmente i più deboli e
disagiati. E proprio a queste persone è dedicato il tema della Giornata Mondiale della
Pace che oggi celebriamo: “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”, così
è il motto di questa Giornata. Desidero, ancora una volta, farmi voce di questi nostri
fratelli e sorelle che invocano per il loro futuro un orizzonte di pace. Per questa pace,
che è diritto di tutti, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in
gran parte dei casi è lungo e pericoloso; sono disposti ad affrontare fatiche e
sofferenze (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018, 1).
Per favore, non spegniamo la speranza nel loro cuore; non soffochiamo le loro
aspettative di pace! È importante che da parte di tutti, istituzioni civili, realtà
educative, assistenziali ed ecclesiali, ci sia l’impegno per assicurare ai rifugiati, ai
migranti, a tutti un avvenire di pace. Ci conceda il Signore di operare in questo nuovo
anno con generosità, con generosità, per realizzare un mondo più solidale e
accogliente. Vi invito a pregare per questo, mentre insieme con voi affido a Maria,
Madre di Dio e Madre nostra, il 2018 appena iniziato. I vecchi monaci russi, mistici,
dicevano che in tempo di turbolenze spirituali era necessario raccogliersi sotto il
manto della Santa Madre di Dio. Pensando a tante turbolenze di oggi, e soprattutto
ai migranti e ai rifugiati, preghiamo come loro ci hanno insegnato a pregare: «Sotto
la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e
benedetta».
[…]

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INCONTRO CON I SACERDOTI, RELIGIOSI E RELIGIOSE, CONSACRATI, SEMINARISTI E NOVIZIE

DISCORSO PREPARATO DAL SANTO PADRE

[…] La compassione di Cristo. Il Rosario ci introduce nella meditazione della passione e morte di Gesù. Entrando più in profondità in questi misteri del dolore, giungiamo a conoscere la loro forza salvifica e siamo confermati nella chiamata a esserne partecipi con la nostra vita, con la compassione e il dono di sé. Il sacerdozio e la vita religiosa non sono carriere. Non sono veicoli per avanzare. Sono un servizio, una partecipazione all’amore di Cristo che si sacrifica per il suo gregge. Conformandoci quotidianamente a Colui che amiamo, giungiamo ad apprezzare il fatto che le nostre vite non ci appartengono. Non siamo più noi che viviamo, ma Cristo vive in noi (cfr Gal 2,20).

Incarniamo questa compassione quando accompagniamo le persone, specialmente nei loro momenti di sofferenza e di prova, aiutandole a trovare Gesù. Padre Franco, grazie per aver messo questo aspetto in primo piano: ciascuno di noi è chiamato a essere un missionario, portando l’amore misericordioso di Cristo a tutti, specialmente a quanti si trovano alle periferie delle nostre società. Sono particolarmente grato perché in tanti modi molti di voi sono impegnati nei campi dell’impegno sociale, della sanità e dell’educazione, servendo alle necessità delle vostre comunità locali e dei tanti migranti e rifugiati che arrivano nel Paese. Il vostro servizio alla più ampia comunità umana, in particolare a coloro che si trovano maggiormente nel bisogno, è prezioso per edificare una cultura dell’incontro e della solidarietà.[…]

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INCONTRO INTERRELIGIOSO ED ECUMENICO PER LA PACE

DISCORSO DEL SANTO PADRE

[…] Uno spirito di apertura, accettazione e cooperazione tra i credenti non solo contribuisce a una cultura di armonia e di pace; esso ne è il cuore pulsante. Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili! Quanta apertura è necessaria per accogliere le persone del nostro mondo, specialmente i giovani, che a volte si sentono soli e sconcertati nel ricercare il senso della vita!

Cari amici, vi ringrazio per i vostri sforzi nel promuovere la cultura dell’incontro, e prego che, con la dimostrazione del comune impegno dei seguaci delle religioni a discernere il bene e a metterlo in pratica, aiuteremo tutti i credenti a crescere nella saggezza e nella santità, e a cooperare per costruire un mondo sempre più umano, unito e pacifico. […]

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL GRUPPO DI PROFUGHI ROHINGYA

Cari fratelli e sorelle, noi tutti vi siamo vicini. E’ poco quello che noi possiamo fare perché la vostra tragedia è molto grande. Ma facciamo spazio nel nostro cuore. A nome di tutti, di quelli che vi perseguitano, di quelli che hanno fatto del male, soprattutto per l’indifferenza del mondo, vi chiedo perdono. Perdono. Tanti di voi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto. Adesso io mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di darci il perdono che chiediamo.

Cari fratelli e sorelle, il racconto ebreo-cristiano della creazione dice che il Signore che è Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine. Anche questi fratelli e sorelle. Anche loro sono immagine del Dio vivente. Una tradizione delle vostre religioni dice che Dio, all’inizio, ha preso un po’ di sale e l’ha buttato nell’acqua, che era l’anima di tutti gli uomini; e ognuno di noi porta dentro un po’ del sale divino. Questi fratelli e sorelle portano dentro il sale di Dio.

Cari fratelli e sorelle, soltanto facciamo vedere al mondo cosa fa l’egoismo del mondo con l’immagine di Dio. Continuiamo a far loro del bene, ad aiutarli; continuiamo a muoverci perché siano riconosciuti i loro diritti. Non chiudiamo i cuori, non guardiamo dall’altra parte. La presenza di Dio, oggi, anche si chiama “Rohingya”. Ognuno di noi, dia la propria risposta.

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INCONTRO CON I VESCOVI DEL BANGLADESH DISCORSO DEL SANTO PADRE AI VESCOVI DEL BANGLADESH

[…] Un obiettivo significativo indicato nel Piano Pastorale, e che si è davvero dimostrato profetico, è l’opzione per i poveri. La Comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri, specialmente nelle zone più remote e nelle comunità tribali; continua questo servizio quotidianamente attraverso il suo apostolato educativo, i suoi ospedali, le cliniche e i centri di salute, e la varietà delle sue opere caritative. Eppure, specie alla luce della presente crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere! L’ispirazione per le vostre opere di assistenza ai bisognosi sia sempre la carità pastorale, che è sollecita nel riconoscere le umane ferite e rispondere con generosità, a ciascuno personalmente. Nel lavorare per creare una “cultura di misericordia” (cfr Lett. ap. Misericordia et misera, 20). In questo lavoro, le vostre Chiese locali dimostrano la loro opzione per i poveri, rafforzano la proclamazione dell’infinita misericordia del Padre e contribuiscono in non piccola misura allo sviluppo integrale della loro patria. […]

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INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO DISCORSO DEL SANTO PADRE

[…] Nel mondo di oggi, nessuna singola comunità, nazione o Stato, può sopravvivere e progredire nell’isolamento. In quanto membri dell’unica famiglia umana, abbiamo bisogno l’uno dell’altro e siamo dipendenti l’uno dall’altro. Il Presidente Sheikh Mujibur Rahman ha compreso e cercato di incorporare questo principio nella Costituzione nazionale. Egli ha immaginato una società moderna, pluralistica e inclusiva, in cui ogni persona e ogni comunità potesse vivere in libertà, pace e sicurezza, nel rispetto dell’innata dignità e uguaglianza di diritti di tutti. Il futuro di questa giovane democrazia e la salute della sua vita politica sono essenzialmente connessi alla fedeltà a questa visione fondativa. Infatti, solo attraverso un dialogo sincero e il rispetto della legittima diversità un popolo può riconciliare le divisioni, superare prospettive unilaterali e riconoscere la validità di punti di vista differenti. Perché il vero dialogo guarda al futuro, costruisce unità nel servizio del bene comune ed è attento ai bisogni di tutti i cittadini, specialmente dei poveri, degli svantaggiati e di coloro che non hanno voce.

Nei mesi scorsi, lo spirito di generosità e di solidarietà che caratterizza la società del Bangladesh si è manifestato molto chiaramente nel suo slancio umanitario a favore dei rifugiati affluiti in massa dallo Stato di Rakhine, provvedendoli di un riparo temporaneo e delle necessità primarie per la vita. Questo è stato fatto con non poco sacrificio. Ed è stato fatto sotto gli occhi del mondo intero. Nessuno di noi può mancare di essere consapevole della gravità della situazione, dell’immenso costo richiesto di umane sofferenze e delle precarie condizioni di vita di così tanti nostri fratelli e sorelle, la maggioranza dei quali sono donne e bambini, ammassati nei campi-profughi. È necessario che la comunità internazionale attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi, non solo lavorando per risolvere le questioni politiche che hanno condotto allo spostamento massivo di persone, ma anche offrendo immediata assistenza materiale al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere fattivamente agli urgenti bisogni umani. […]