Archive

PAPA FRANCESCO REGINA COELI

[…] Un saluto speciale rivolgo ai Rom e ai Sinti qui presenti, in occasione della loro Giornata Internazionale, il “Romanò Dives”. Auguro pace e fratellanza ai membri di questi antichi popoli, e auspico che la giornata odierna favorisca la cultura dell’incontro, con la buona volontà di conoscersi e rispettarsi reciprocamente. E’ questa la strada che porta a una vera integrazione. Cari Rom e Sinti, pregate per me e preghiamo insieme per i vostri fratelli rifugiati siriani. […]

Archive

MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL SANTO PADRE FRANCESCO PASQUA 2018

[…] Noi cristiani crediamo e sappiamo che la risurrezione di Cristo è la vera speranza del mondo, quella che non delude. È la forza del chicco di grano, quella dell’amore che si abbassa e si dona fino alla fine, e che davvero rinnova il mondo. Questa forza porta frutto anche oggi nei solchi della nostra storia, segnata da tante ingiustizie e violenze. Porta frutti di speranza e di dignità dove ci sono miseria ed esclusione, dove c’è fame e manca il lavoro, in mezzo ai profughi e ai rifugiati – tante volte respinti dall’attuale cultura dello scarto –, alle vittime del narcotraffico, della tratta di persone e delle schiavitù dei nostri tempi. E noi oggi domandiamo frutti di pace per il mondo intero, a cominciare dall’amata e martoriata Siria, la cui popolazione è stremata da una guerra che non vede fine. In questa Pasqua, la luce di Cristo Risorto illumini le coscienze di tutti i responsabili politici e militari, affinché si ponga termine immediatamente allo sterminio in corso, si rispetti il diritto umanitario e si provveda ad agevolare l’accesso agli aiuti di cui questi nostri fratelli e sorelle hanno urgente bisogno, assicurando nel contempo condizioni adeguate per il ritorno di quanti sono stati sfollati. […] Frutti di speranza supplichiamo in questo giorno per quanti anelano a una vita più dignitosa, soprattutto in quelle parti del continente africano travagliate dalla fame, da conflitti endemici e dal terrorismo. La pace del Risorto risani le ferite nel Sud Sudan: apra i cuori al dialogo e alla comprensione reciproca. Non dimentichiamo le vittime di quel conflitto, soprattutto i bambini! Non manchi la solidarietà per le molte persone costrette ad abbandonare le proprie terre e private del minimo necessario per vivere. [..]

Archive

VIA CRUCIS AL COLOSSEO PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] la speranza perché tanti missionari e missionarie continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati;[…]

Archive

VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO A PIETRELCINA, NELLA DIOCESI DI BENEVENTO E A SAN GIOVANNI ROTONDO, NELLA DIOCESI DI MANFREDONIA-VIESTE-SAN GIOVANNI ROTONDO, NEL CENTENARIO DELL’APPARIZIONE DELLE STIMMATE PERMANENTI DI SAN PIO DA PIETRELCINA E NEL 50.mo ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE INCONTRO CON I FEDELI DISCORSO DEL SANTO PADRE

[…] La migrazione interna dei giovani, un problema. Pregate la Madonna perché vi dia la grazia che i giovani trovino lavoro qui, fra voi, vicino alla famiglia, e non siano costretti ad andarsene a cercare da un’altra parte e il paese giù, giù, giù. La popolazione invecchia, ma è un tesoro, i vecchi sono un tesoro! Per favore, non emarginate i vecchi. Non bisogna emarginare i vecchi, no. I vecchi sono la saggezza. E che i vecchi imparino a parlare con i giovani e i giovani imparino a parlare con i vecchi. Loro hanno la saggezza di un paese, i vecchi. Quando sono arrivato mi è piaciuto tanto salutare uno di 99 anni e una “ragazzina” di 97. Bellissimo! Questi sono la vostra saggezza! Parlate con loro. Che siano protagonisti della crescita di questo paese. L’intercessione del vostro Santo concittadino sostenga i propositi di unire le forze, così da offrire soprattutto alle giovani generazioni prospettive concrete per un futuro di speranza. Non manchi un’attenzione sollecita e carica di tenerezza – come ho detto – agli anziani, che sono patrimonio delle nostre comunità. Mi piacerebbe che una volta si desse il premio Nobel agli anziani che danno memoria all’umanità.[…]

Archive

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARLAMENTARI E AI POLITICI DELLA PROVINCIA DI MARSIGLIA (FRANCIA)

[…] Penso anche ai migranti e ai rifugiati che sono fuggiti dai loro Paesi a causa della guerra, della miseria, della violenza e a ciò che è già stato fatto per venire in loro aiuto. Si tratta di perseverare nella ricerca di mezzi compatibili con il bene di tutti, per accoglierli, proteggerli, promuovere il loro sviluppo umano integrale e integrarli nella società (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2018). Così si può contribuire alla costruzione di una società più giusta, più umana e più fraterna. Affido il vostro cammino a Cristo, fonte della nostra speranza e del nostro impegno al servizio del bene comune. Invoco su di voi, sulle vostre famiglie, sul vostro Paese, come pure sui Vescovi che vi accompagnano la benedizione del Signore. Grazie.

Archive

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE

DISCORSO DEL SANTO PADRE […] Il mondo oggi è spesso abitato dalla paura – anche dalla rabbia, diceva il professor Riccardi, che è sorella della paura. È una malattia antica: nella Bibbia ricorre spesso l’invito a non avere paura. Il nostro tempo conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione. E le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico. Si fanno anche dei piani di sviluppo delle nazioni sotto la guida della lotta contro questa gente. E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo. L’atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto: non lo investono nel futuro, non lo condividono con gli altri, ma lo conservano per sé: “Io appartengo alla associazione tale…; io sono di quella comunità…”; si “truccano” la vita con questo e non fanno fiorire il talento. Se siamo da soli, siamo presi facilmente dalla paura. Ma il vostro cammino vi orienta a guardare insieme il futuro: non da soli, non per sé. Insieme con la Chiesa. Avete beneficiato del grande impulso alla vita comunitaria e all’essere popolo di Dio venuto dal Concilio Vaticano II, che afferma: «Tuttavia piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo» (Cost. dogm. Lumen gentium, 9). La vostra Comunità, nata alla fine degli anni Sessanta, è figlia del Concilio, del suo messaggio e del suo spirito. Il futuro del mondo appare incerto, lo sappiamo, lo sentiamo tutti i giorni nei telegiornali. Guardate quante guerre aperte! So che pregate e operate per la pace. Pensiamo ai dolori del popolo siriano, l’amato e martoriato popolo siriano, di cui avete accolto in Europa i rifugiati tramite i “corridoi umanitari”. Com’è possibile che, dopo le tragedie del ventesimo secolo, si possa ancora ricadere nella stessa assurda logica? Ma la Parola del Signore è luce nel buio e dà speranza di pace; ci aiuta a non avere paura anche di fronte alla forza del male. Avete scritto le parole del Salmo: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (119,105). Abbiamo accolto la Parola di Dio tra di noi con spirito di festa. Con questo spirito avete accolto quanto ho voluto proporre per ogni comunità a conclusione del Giubileo della Misericordia: che una domenica all’anno sia dedicata alla Parola di Dio (cfr Lett. ap. Misericordia et misera, 7). La Parola di Dio vi ha protetto in passato dalle tentazioni dell’ideologia e oggi vi libera dall’intimidazione della paura. Per questo vi esorto ad amare e frequentare sempre più la Bibbia. Ognuno troverà in essa la sorgente della misericordia verso i poveri, i feriti della vita e della guerra. La Parola di Dio è la lampada con cui guardare il futuro, anche di questa Comunità. Alla sua luce, si possono leggere i segni dei tempi. Diceva il beato Paolo VI: «La scoperta dei “segni dei tempi” […] risulta da un confronto della fede con la vita», così che «il mondo per noi diventa un libro» (Udienza generale, 16 aprile 1969: Insegnamenti VII, 1969, 919). Un libro da leggere con lo sguardo e il cuore di Dio. Questa è la spiritualità che viene dal Concilio, che insegna una grande e attenta compassione per il mondo. Da quando la vostra Comunità è nata, il mondo è diventato “globale”: l’economia e le comunicazioni si sono, per così dire, “unificate”. Ma per tanta gente, specialmente poveri, si sono alzati nuovi muri. Le diversità sono occasione di ostilità e di conflitto; è ancora da costruire una globalizzazione della solidarietà e dello spirito. Il futuro del mondo globale è vivere insieme: questo ideale richiede l’impegno di costruire ponti, tenere aperto il dialogo, continuare a incontrarsi. Non è solo un fatto politico o organizzativo. Ciascuno è chiamato a cambiare il proprio cuore assumendo uno sguardo misericordiosoverso l’altro, per diventare artigiano di pace e profeta di misericordia. Il samaritano della parabola si occupò dell’uomo mezzo morto sulla strada, perché «vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33). Il samaritano non aveva una specifica responsabilità verso l’uomo ferito, ed era straniero. Invece si comportò da fratello, perché ebbe uno sguardo di misericordia. Il cristiano, per sua vocazione, è fratello di ogni uomo, specie se povero, e anche se nemico. Non dite mai: “Io che c’entro?”. Bella parola per lavarsi le mani! “Io che c’entro?”. Uno sguardo misericordioso ci impegna all’audacia creativa dell’amore, ce n’è tanto bisogno! Siamo fratelli di tutti e, per questo, profeti di un mondo nuovo; e la Chiesa è segno di unità del genere umano, tra popoli, famiglie, culture. Questo anniversario vorrei che fosse un anniversario cristiano: non un tempo per misurare i risultati o le difficoltà; non l’ora dei bilanci, ma il tempo in cui la fede è chiamata a diventare nuova audacia per il Vangelo. L’audacia non è il coraggio di un giorno, ma la pazienza di una missione quotidiana nella città e nel mondo. È la missione di ritessere pazientemente il tessuto umano delle periferie, che la violenza e l’impoverimento hanno lacerato; di comunicare il Vangelo attraverso l’amicizia personale; di mostrare come una vita diventa davvero umana quando è vissuta accanto ai più poveri; di creare una società in cui nessuno sia più straniero. È la missione di valicare i confini e i muri per riunire. Oggi, ancora di più, continuate audacemente su questa strada. Continuate a stare accanto ai bambini delle periferie con le Scuole della Pace, che ho visitato; continuate a stare accanto agli anziani: a volte sono scartati, ma per voi sono amici. Continuate ad aprire corridoi umanitari per i profughi della guerra e della fame. I poveri sono il vostro tesoro! L’apostolo Paolo scrive: «Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro […] Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,21.23). Voi siete di Cristo! È il senso profondo della vostra storia fino a oggi, ma è soprattutto la chiave con cui affrontare il futuro. Siate sempre di Cristo nella preghiera, nella cura dei suoi fratelli più piccoli, nella ricerca della pace, perché Egli è la nostra pace. Egli camminerà con voi, vi proteggerà e vi guiderà! Prego per voi, e voi pregate per me. Grazie.

Archive

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELL’INTERNATIONAL CATHOLIC MIGRATION COMMISSION

Cari fratelli e sorelle, vi do il benvenuto in occasione del Consiglio Plenario della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni. Ringrazio cordialmente il Presidente, Cardinale Njue – che ha un grande senso dell’umorismo –, per le sue parole di saluto e per la breve sintesi dei vostri lavori. Come già fece san Giovanni Paolo II, riecheggiando parole del beato Giovanni Battista Montini, voglio ribadire che la causa di questo organismo di cui fate parte è la causa di Cristo stesso (cfr Discorso ai Membri della CICM, 12 novembre 2001: Insegnamenti XXIV, 2 [2001], 712). Questa realtà non è cambiata con il tempo, anzi, l’impegno si è rafforzato in considerazione delle condizioni disumane in cui versano milioni di fratelli e sorelle migranti e rifugiati in diverse parti del mondo. Così come accadde al tempo del popolo di Israele schiavo in Egitto, il Signore ascolta il loro grido e conosce le loro sofferenze (cfr Es 3,7). La liberazione dei miseri, degli oppressi e dei perseguitati è parte integrante, oggi come ieri, della missione che Dio ha affidato alla Chiesa. E il lavoro della vostra Commissione rappresenta un’espressione tangibile di tale impegno missionario. Sono cambiate molte cose dal 1951, data della sua fondazione: i bisogni sono diventati sempre più complessi; gli strumenti per rispondervi si sono resi più sofisticati; il servizio è andato facendosi via via più professionale. Nessuno di questi cambiamenti, però, è riuscito – grazie a Dio – a scalfire la fedeltà della Commissione alla sua missione. Grazie. Il Signore mandò Mosè in mezzo al suo popolo oppresso per asciugare le lacrime e ridare speranza (cfr Es 3,16-17). In oltre 65 anni di attività, la Commissione si è distinta nella realizzazione, in nome della Chiesa, di un’opera poliedrica di assistenza ai migranti e ai rifugiati nelle più varie situazioni di vulnerabilità. Le molteplici iniziative avviate nei cinque continenti rappresentano declinazioni esemplari dei 4 verbi – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – con i quali ho voluto esplicitare la risposta pastorale della Chiesa di fronte alle migrazioni (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017). Auspico che quest’opera continui, animando le Chiese locali a prodigarsi per le persone che sono state costrette a lasciare la propria patria e che diventano troppo spesso vittime di inganni, violenze e abusi di ogni genere. Grazie all’esperienza inestimabile, accumulata in tanti anni di lavoro, la Commissione può offrire un’assistenza qualificata alle Conferenze episcopali e alle Diocesi che stanno ancora cercando di organizzarsi per meglio rispondere a questa sfida epocale. «Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!» (Es 3,10). Così il Signore inviò Mosè dal Faraone per convincerlo a liberare il suo popolo. Per liberare gli oppressi, gli scartati e gli schiavi di oggi, è essenziale promuovere un dialogo aperto, sincero con i governanti, un dialogo che fa tesoro dell’esperienza vissuta, delle sofferenze e delle aspirazioni del popolo, per richiamare ciascuno alle proprie responsabilità. I processi avviati dalla comunità internazionale verso un patto globale sui rifugiati e un altro per una migrazione sicura, ordinata e regolare rappresentano uno spazio privilegiato per realizzare tale dialogo. Anche in questo la Commissione si è impegnata in prima linea offrendo un contributo valido e competente in ordine a trovare quelle nuove vie auspicate dalla comunità internazionale per rispondere con accortezza a questi fenomeni che caratterizzano la nostra epoca. E mi rallegro che molte delle Conferenze episcopali qui rappresentate stanno camminando in questa direzione, in una comunione di intenti che testimonia al mondo intero la sollecitudine pastorale della Chiesa verso i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati. Il lavoro non è concluso. Insieme dobbiamo incoraggiare gli Stati a concordare risposte più adeguate ed efficaci alle sfide poste dai fenomeni migratori; e possiamo farlo sulla base dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Dobbiamo altresì impegnarci per assicurare che alle parole – codificate nei due Patti citati – seguano impegni concreti nel segno di una responsabilità globale e condivisa. Ma l’impegno della Commissione va oltre. Chiedo allo Spirito Santo di continuare a illuminare la vostra importante missione, manifestando l’amore misericordioso di Dio ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati. Vi assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera; e voi, mi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

Archive

SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE “PRO PETRI SEDE”

Vi rinnovo il mio apprezzamento e il mio incoraggiamento per la vostra missione, invitandovi a portarla ogni giorno nella preghiera, personale e comunitaria, ricordando le persone che sostenete. Anche affidarle al Signore fa parte della vostra missione, e voi costruite così la comunione ecclesiale, perché siamo tutti figli di uno stesso Padre. Con l’offerta generosa che donate al Successore di Pietro, voi contribuite alla missione della Chiesa di sostenere ogni persona, particolarmente quelle più povere e che hanno perso tutto a causa dell’emigrazione forzata. Vi ringrazio dunque a loro nome per il vostro aiuto e la vostra vicinanza spirituale.

Archive

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA IV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA E RIFLESSIONE CONTRO LA TRATTA DI PERSONE

1. Monday Joy [in inglese] Santo Padre, Prima di tutto desideriamo ringraziarla per la sua incessante e benevola attenzione e preoccupazione per tutti i migranti e le vittime della tratta. Noi abbiamo sperimentato tante difficoltà e sofferenze prima di arrivare in Italia. Arrivati in Italia facciamo fatica ad integrarci e trovare un lavoro dignitoso è quasi impossibile. Vorrei farle una domanda: Lei pensa che il sorprendente silenzio sulle vicende di tratta sia dovuto all’ignoranza del fenomeno? RISPOSTA Sicuramente sul tema della tratta c’è molta ignoranza. Ma a volte pare ci sia anche poca volontà di comprendere la portata del problema. Perché? Perché tocca da vicino le nostre coscienze, perché è scabroso, perché ci fa vergognare. C’è poi chi, pur conoscendolo, non ne vuole parlare perché si trova alla fine della “filiera del consumo”, quale utilizzatore dei “servizi” che vengono offerti sulla strada o su internet. C’è, infine, chi non vuole che se ne parli, in quanto coinvolto direttamente nelle organizzazioni criminali che dalla tratta traggono lauti profitti. Sì, ci vuole coraggio ed onestà, «quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone».[1] Il lavoro di sensibilizzazione deve cominciare da casa, da noi stessi, perché solo così saremo capaci poi di coscientizzare le nostre comunità, stimolandole ad impegnarsi affinché nessun essere umano sia più vittima della tratta. Per i giovani questo pare un compito più facile, dato che sono meno strutturati nel pensiero, meno offuscati dai pregiudizi, più liberi di ragionare con la propria testa. La voce dei giovani, più entusiasta e spontanea, può rompere il silenzio per denunciare le nefandezze della tratta e proporre soluzioni concrete. Adulti che siano pronti ad ascoltare possono essere di grande aiuto. Da parte mia, come avrete notato, non ho mai perso occasione per denunciare apertamente la tratta come un crimine contro l’umanità. E’ «una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e che tocca le persone più vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale».[2] Ho anche detto che «occorre una presa di responsabilità comune e una più decisa volontà politica per riuscire a vincere su questo fronte. Responsabilità verso quanti sono caduti vittime della tratta, per tutelarne i diritti, per assicurare l’incolumità loro e dei familiari, per impedire che i corrotti e i criminali si sottraggono alla giustizia ed abbiano l’ultima parola sulle persone».[3] 2. Migliorini Silvia [Liceo di Via Dalmazia, Roma] Santo Padre, tanti di noi giovani vogliamo comprendere meglio la tratta, le migrazioni e le loro cause. Sì, vogliamo impegnarci per rendere questo mondo più giusto. Ci piacerebbe affrontare temi come questo con i giovani della nostra società, anche utilizzando i social network, vista la loro notevole potenzialità di comunicazione. Caro Papa Francesco, nei gruppi parrocchiali, nei movimenti giovanili, nelle istituzioni educative cattoliche talvolta non ci sono spazi adeguati e sufficienti per affrontare questi temi. Inoltre, sarebbe bello che si organizzassero attività per promuovere l’integrazione sociale e culturale con coloro che sono vittime della tratta, affinché sia per loro più semplice superare il loro dramma e ricostruirsi una vita. Che cosa possiamo fare noi giovani? Che cosa può fare la Chiesa? RISPOSTA I giovani ricoprono una posizione privilegiata per incontrare i sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Andate nelle vostre parrocchie, in un’associazione vicino casa, incontrate le persone, ascoltatele. Da lì, cresceranno una risposta e un impegno concreti da parte vostra. Vedo infatti il rischio che questo diventi un problema astratto, ma non è astratto. Ci sono segni che potete imparare a “leggere”, che vi dicono: qui potrebbe esserci una vittima di tratta, uno schiavo. Abbiamo bisogno di promuovere la cultura dell’incontro che porta sempre in sé una ricchezza inaspettata e grandi sorprese. San Paolo ci dà un esempio: in Cristo, lo schiavo Onesimo non è più uno schiavo ma molto di più, è un fratello carissimo (cfr Filemone 1,16). La speranza, voi giovani, la potete trovare in Cristo, e Lui lo potete incontrare anche nelle persone migranti, che sono fuggite da casa, e rimangono intrappolate nelle reti. Non abbiate paura di incontrarle. Aprite il vostro cuore, fatele entrare, siate pronti a cambiare. L’incontro con l’altro porta naturalmente a un cambiamento, ma non bisogna avere paura di questo cambiamento. Sarà sempre per il meglio. Ricordate le parole del profeta Isaia: “Allarga la tua tenda” (cfr 54,2). La Chiesa deve promuovere e creare spazi di incontro, per questo motivo ho chiesto di aprire le parrocchie all’accoglienza. Bisogna riconoscere il grande impegno in risposta al mio appello, grazie! Chiedo a voi qui presenti oggi di operare a favore dell’apertura all’altro, soprattutto quando è ferito nella propria dignità. Fatevi promotori di iniziative che le vostre parrocchie possano ospitare. Aiutate la Chiesa a creare spazi di condivisione di esperienze e integrazione di fede e di vita. Anche i social network rappresentano, soprattutto per i ragazzi, un’opportunità di incontro che può apparire sconfinata: internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio. Tuttavia per ogni strumento che ci viene offerto, è fondamentale la scelta che l’uomo decide di farne. L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Non bisogna sottovalutare i rischi insiti in alcuni di questi spazi virtuali; attraverso la rete tanti giovani vengono adescati e trascinati in una schiavitù dalla quale poi diventa oltre le proprie capacità liberarsi. In questo ambito gli adulti, genitori ed educatori – anche i fratelli e cugini un po’ più grandi – sono chiamati al compito di sorvegliare e proteggere i ragazzi. Voi dovete fare lo stesso con i vostri parenti e compagni, percepire e segnalare vulnerabilità particolari, casi sospetti sui quali si debba far luce. Usate dunque la rete per condividere un racconto positivo delle vostre esperienze di incontro con i nostri fratelli nel mondo, raccontate e condividete le buone pratiche e innescate un circolo virtuoso. 3. Outuru Faith [in inglese] Santo Padre, sono una delle tante giovani provenienti da un Paese lontano, con cultura diversa, con condizioni di vita e esperienza di Chiesa diverse. Adesso sono qui e desidero costruire qui il mio futuro. Ma penso al mio paese, a tanti giovani che vengono illusi con false promesse, ingannati, schiavizzati, prostituiti. Come potremmo aiutare questi giovani a non cadere nella trappola delle illusioni e nelle mani dei trafficanti? RISPOSTA Come tu hai detto, bisogna fare in modo che i giovani non cadano “nelle mani dei trafficanti”. E com’è orribile rendersi conto che molte delle giovani vittime sono state prima abbandonate dalle loro famiglie, considerate come scarto dalla loro società! Molti poi sono stati indotti alla tratta dai loro stessi parenti e dai cosiddetti amici. È accaduto anche nella Bibbia: ricordate che i fratelli maggiori vendettero il giovane Giuseppe come schiavo, e così fu portato schiavo in Egitto! Anche in condizioni di estremo disagio, l’educazione si rivela importante. Essa è strumento di protezione contro la tratta, infatti aiuta a identificare i pericoli e a schivare le illusioni. Un sano ambiente scolastico, come un sano ambiente parrocchiale, consente ai giovani di denunciare i trafficanti senza vergogna e di diventare portatori dei giusti messaggi per altri giovani, affinché non finiscano nella stessa trappola. Tutti coloro che sono stati vittime di tratta sono fonte inesauribile di supporto per le nuove vittime e importantissime risorse informative per salvare molti altri giovani. Sono spesso false notizie, pervenute tramite passaparola o filtrate dai social media, che intrappolano gli innocenti. I giovani che hanno incontrato la criminalità organizzata possono giocare un ruolo chiave nel descriverne i pericoli. I trafficanti sono spesso persone senza scrupoli, senza morale né etica che vivono sulle disgrazie altrui, approfittando delle emozioni umane e della disperazione della gente per soggiogarla al loro volere, rendendola schiava e succube. Basti pensare quante donne africane giovanissime arrivano sulle nostre coste sperando di iniziare una vita migliore, pensando di guadagnarsi da vivere onestamente, e vengono invece rese schiave, obbligate a prostituirsi. Per i giovani è fondamentale costruire passo dopo passo la propria identità e avere un punto di riferimento, un faro-guida. La Chiesa da sempre vuole essere al fianco delle persone che soffrono, in particolare dei bambini e dei giovani, proteggendoli e promuovendo il loro sviluppo umano integrale. I minori sono spesso “invisibili”, soggetti a pericoli e minacce, soli e manipolabili; vogliamo, anche nelle realtà più precarie, essere il vostro faro di speranza e supporto, perché Dio è sempre con voi. «Il coraggio e la speranza sono doti di tutti ma in particolare si addicono ai giovani: coraggio e speranza. Il futuro certamente è nelle mani di Dio, le mani di un Padre provvidente. Questo non significa negare le difficoltà e i problemi, ma vederli, questi sì, come provvisori e superabili. Le difficoltà, le crisi, con l’aiuto di Dio e la buona volontà di tutti possono essere superate, vinte, trasformate».[4] 4. Rossi Antonio Maria [Liceo di Via Dalmazia, Roma] Santo Padre, noi giovani italiani ci confrontiamo con un contesto segnato ogni giorno di più dalla pluralità di culture e religioni. Si tratta di una sfida aperta. pesso la mancanza di rispetto per il diverso, la cultura dello scarto e la corruzione, dalle quali scaturisce la tratta, sembrano normali. Papa Francesco, per favore, continui ad incoraggiare i nostri governanti affinché contrastino la corruzione, la vendita di armi e la cultura dello scarto; incoraggi anche tutti i leader religiosi a garantire spazi dove le diverse culture e religioni possano conoscersi e valorizzarsi mutuamente, così che tutti condividano la medesima spiritualità di accoglienza. Vorrei chiederle, Santo Padre: cosa possiamo fare noi qui, affinché sparisca definitivamente la piaga della tratta? RISPOSTA Quando i Paesi sono in preda a povertà estrema, violenza e corruzione, l’economia, il quadro normativo e le infrastrutture di base sono inefficienti e non riescono a garantire sicurezza, beni e diritti essenziali. In tali contesti, gli autori di questi crimini agiscono impunemente. La criminalità organizzata e il traffico illegale di droghe e di esseri umani scelgono le prede tra le persone che oggi hanno scarsi mezzi di sussistenza e ancor meno speranze per il domani. La risposta è quindi creare opportunità per uno sviluppo umano integrale, iniziando con un’istruzione di qualità fin dalla prima infanzia, creando successivamente opportunità di crescita attraverso l’occupazione. Queste due modalità di crescita, nelle diverse fasi della vita, rappresentano gli antidoti alla vulnerabilità e alla tratta. Quella che ho più volte indicato come “la cultura dello scarto” è alla base di comportamenti che, nel mercato e nel mondo globalizzato, portano allo sfruttamento degli esseri umani, a tutti i livelli. «La povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità».[5] Alcuni Stati promuovono, all’interno della comunità internazionale, una politica particolarmente aspra nel voler sconfiggere il traffico di esseri umani; tale atteggiamento è di per sé fuorviante perché, a causa di interessi economici retrostanti, non si vogliono affrontare le cause profonde. Inoltre non sempre la posizione a livello internazionale è coerente con le politiche interne. Spero davvero che possiate inviare un messaggio ai leader ad ogni livello di governo, del mondo degli affari e della società, chiedendo l’accesso a un’istruzione di qualità e quindi a un’occupazione giusta e sostenibile. Una strategia che comprenda una maggiore conoscenza del tema della tratta, a partire da una terminologia chiara e da testimonianze concrete dei protagonisti, può essere certamente di aiuto. La consapevolezza reale sul tema investe tuttavia l’attenzione alla “domanda di tratta” che sta dietro l’offerta (filiera del consumo); siamo tutti chiamati a uscire dall’ipocrisia e affrontare l’idea di essere parte del problema piuttosto che girarci dall’altra parte proclamando la nostra innocenza. Lasciatemelo dire, se ci sono tante ragazze vittime della tratta che finiscono sulle strade delle nostre città, è perché molti uomini qui – giovani, di mezza età, anziani – richiedono questi servizi e sono disposti a pagare per il loro piacere. Mi chiedo allora, sono davvero i trafficanti la causa principale della tratta? Io credo che la causa principale sia l’egoismo senza scrupoli di tante persone ipocrite del nostro mondo. Certo, arrestare i trafficanti è un dovere di giustizia. Ma la vera soluzione è la conversione dei cuori, il taglio della domanda per prosciugare il mercato. 5. Savini Maria Magdalene Papa Francesco, in un Suo messaggio rivolto ai sindaci di grandi città riuniti in Vaticano, Lei ha detto che «per essere davvero efficace, l’impegno comune per la costruzione di una coscienza ecologica e per il contrasto alle schiavitù moderne – traffico di esseri umani e di organi, prostituzione, lavoro nero – deve partire dalle periferie».[6] Anche noi giovani ci troviamo spesso nella periferia e soffriamo l’esclusione, l’insicurezza per non aver lavoro e accesso all’educazione di qualità, per vivere in situazioni di guerra, di violenza, per essere obbligati a lasciare le nostre terre, per appartenere a minoranze etniche e religiose. Soprattutto noi donne siamo penalizzate e principali vittime. Quale spazio sarà dato nel Sinodo dei Giovani alle giovani e ai giovani che provengono dalle periferie dell’emarginazione provocata da un modello di sviluppo ormai superato, che continua a produrre degrado umano? Come fare in modo che siano queste ragazze e ragazzi i protagonisti di cambiamento nella società e nella Chiesa? RISPOSTA Desidero, per coloro che sono i testimoni reali dei rischi della tratta nei propri Paesi di origine, che possano trovare nel Sinodo un luogo per esprimere sé stessi, dalla quale richiamare la Chiesa all’azione. Perciò, è mio grande desiderio che giovani rappresentanti delle “periferie” siano protagonisti di questo Sinodo. Auspico che possano vedere il Sinodo come un luogo per lanciare un messaggio ai governanti dei paesi di provenienza e di arrivo per richiedere protezione e sostegno. Mi auguro che questi giovani lancino un messaggio globale per una mobilitazione giovanile mondiale, per costruire insieme una casa comune inclusiva e accogliente. Mi auguro che si facciano esempio di speranza per chi attraversa il dramma esistenziale dello sconforto. La Chiesa Cattolica intende intervenire in ogni fase della tratta degli esseri umani: vuole proteggerli dall’inganno e dall’adescamento; vuole trovarli e liberarli quando vengano trasportati e ridotti in schiavitù; vuole assisterli una volta liberati. Spesso le persone che sono state intrappolate e maltrattate perdono la capacità di fidarsi degli altri, e la Chiesa risulta essere spesso l’ultima ancora di salvezza. E’ assolutamente importante rispondere in modo concreto alle vulnerabilità di coloro che sono a rischio, per poi accompagnare il processo di liberazione cominciando a mettere in salvo le loro vite. I gruppi ecclesiali possono aprire spazi di sicurezza laddove necessario, nei luoghi di reclutamento, sulle rotte del traffico e nei Paesi di arrivo. La mia speranza è che il Sinodo sia anche un’opportunità per le Chiese locali di imparare a lavorare insieme e diventare “una rete di salvezza”. Vorrei infine concludere citando Santa Josefina Bakhita. Questa grande Sudanese «è anche oggi testimone esemplare di speranza per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta contro questa “piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo”».[7] Possa ispirarci a realizzare gesti di fratellanza con coloro che si trovano in uno stato di sottomissione. A lasciarci interpellare, a lasciarci invitare all’incontro. Preghiamo: Santa Giuseppina Bakhita, da bambina sei stata venduta come schiava e hai dovuto affrontare difficoltà e sofferenze indicibili. Una volta liberata dalla tua schiavitù fisica, hai trovato la vera redenzione nell’incontro con Cristo e la sua Chiesa. Santa Giuseppina Bakhita, aiuta tutti quelli che sono intrappolati nella schiavitù. A nome loro, intercedi presso il Dio della Misericordia, in modo che le catene della loro prigionia possano essere spezzate. Possa Dio stesso liberare tutti coloro che sono stati minacciati, feriti o maltrattati dalla tratta e dal traffico di esseri umani. Porta sollievo a coloro che sopravvivono a questa schiavitù e insegna loro a vedere Gesù come modello di fede e speranza, così che possano guarire le proprie ferite. Ti supplichiamo di pregare e intercedere per tutti noi: affinché non cadiamo nell’indifferenza, affinché apriamo gli occhi e possiamo guardare le miserie e le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della loro dignità e della loro libertà e ascoltare il loro grido di aiuto. Amen.

Archive

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DEL SINODO GRECO-MELKITA

Beatitudine, cari Fratelli nell’Episcopato, Vi ringrazio per la vostra visita. La felice occasione è data dalla manifestazione pubblica della Comunione Ecclesiastica, che avrà luogo domani mattina durante la Celebrazione eucaristica e che ho già avuto modo di accordare a Vostra Beatitudine nella Lettera del 22 giugno scorso, dopo la Sua elezione a Patriarca, Pater et Caput, da parte del Sinodo dei Vescovi. Allora, come oggi, caro Fratello, Le assicuro la mia costante vicinanza nella preghiera: che il Signore Risorto Le sia vicino e La accompagni nella missione affidataLe. È una preghiera che non può essere dissociata da quella per l’amata Siria e per tutto il Medio Oriente, regione nella quale la vostra Chiesa è profondamente radicata e svolge un prezioso servizio per il bene del Popolo di Dio. Una presenza, la vostra, che non si limita al Medio Oriente, ma si estende, ormai da molti anni, a quei Paesi nei quali tanti fedeli greco-melkiti si sono trasferiti in cerca di una vita migliore. Anche a questi fedeli in diaspora e ai loro Pastori vanno la mia preghiera e il mio affettuoso ricordo. […]