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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PELLEGRINI DA EL SALVADOR

[…] Da qui invio anche il mio saluto a tutto il Popolo santo di Dio che peregrina a El Salvador e oggi vibra per la gioia di vedere uno dei suoi figli elevato agli onori degli altari. La sua gente ha una fede viva che esprime in diverse forme di religiosità popolare e che plasma la sua vita sociale e familiare: la fede del Santo Popolo fedele di Dio. A voi, sacerdoti e vescovi, chiedo: «prendetevi cura del Santo Popolo fedele di Dio, non lo scandalizzate, prendetevene cura». E non sono mancate le difficoltà, il flagello della divisione, il flagello della guerra; la violenza si è sentita con forza nella sua storia recente, ma questo popolo resiste e va avanti. Non sono pochi i salvadoregni che hanno dovuto abbandonare la propria terra alla ricerca di un futuro migliore. Il ricordo di san Óscar Romero è un’opportunità eccezionale per lanciare un messaggio di pace e di riconciliazione a tutti i popoli dell’America Latina. Il popolo voleva bene a Monsignor Romero, il Popolo di Dio gli voleva bene. E sapete perché? Perché il Popolo di Dio sa fiutare bene dove c’è santità. E qui tra voi, dovrei ringraziare tanta gente, tutto il popolo che lo ha accompagnato, che lo ha seguito, che gli è stato accanto. Ma, come faccio a ringraziare tutti? Perciò ho scelto una persona, una persona che gli è stata molto vicina, lo ha accompagnato e lo ha seguito; una persona molto umile del popolo: Angelita Morales. In lei vedo la rappresentazione del Popolo di Dio. Chiederei ad Angelita se può venire qui [applausi e canti mentre la signora Morales si avvicina]. […]

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INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON I SEMINARISTI DALLA LOMBARDIA

[…] Tu hai detto “la croce del dubbio”, e io ti sto rispondendo riguardo al dubbio interiore, al dubbio che tu hai nel tuo orientamento spirituale. Forse tu stai parlando anche del dubbio culturale. Ma oggi il dubbio culturale non c’è tanto; forse ci sono più le affermazioni culturali contrarie, ognuno ha la propria e credo che all’umanità manchi un po’ la capacità di dubitare bene. Le grandi questioni…: pensa al dubbio sulla guerra, sulle migrazioni… Sono dubbi da prendere sul serio, perché altrimenti, in questi ambiti, il problema si risolve non con una ricerca interiore, ma secondo gli interessi di ogni nazione, di ogni società, di ogni popolo. Allora la mancanza di questi dubbi è brutta, perché fa essere sempre sicuri, senza porsi il problema… E’ una croce, il dubbio, ma è una croce che ti avvicina a Gesù e ti mette in crisi. E come hai detto tu – qui è scritto –: “quali azioni concrete possiamo mettere in pratica ogni giorno affinché la nostra quotidianità nutra questo cammino di affidamento?”. L’azione concreta è il dialogo con la persona che ti accompagna, il dialogo con il superiore, il dialogo con i compagni. Ma il dialogo aperto, il dialogo sincero, cose concrete. E soprattutto il dialogo con il Signore: “Signore, cosa vuoi dirmi con questo che mi fai sentire, con questa desolazione, con questo dubbio?…”. Prendete il dubbio come un invito a cercare la verità, a cercare l’incontro con Gesù Cristo: questo è il vero dubbio. Va bene? […]

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“NOI PER. Unici, solidali creativi” INCONTRO DEI GIOVANI CON IL SANTO PADRE E I PADRI SINODALI DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] E poi, questa concretezza anche nell’accoglienza. Tanti dei vostri esempi, che avete fatto oggi, sono sull’accoglienza. Michel ha fatta questa domanda: “Come vincere la mentalità sempre più diffusa che vede nello straniero, nel diverso, nel migrante, un pericolo, il male, il nemico da cacciare?”. Questa è la mentalità dello sfruttamento della gente, di fare schiavi i più deboli. È chiudere non solo le porte, è chiudere le mani. E oggi sono un po’ di moda i populismi, che non hanno niente a che vedere con ciò che è popolare. Popolare è la cultura del popolo, la cultura di ognuno dei vostri popoli che si esprime nell’arte, si esprime nella cultura, si esprime nella scienza del popolo, si esprime nella festa! Ogni popolo fa festa a suo modo. Questo è popolare. Ma il populismo è il contrario: è la chiusura di questo su un modello. Siamo chiusi, siamo noi soli. E quando siamo chiusi non si può andare avanti. State attenti. È la mentalità che ha detto Michel: “Come vincere la mentalità sempre più diffusa che vede nello straniero, nel diverso, nel migrante un pericolo, il male, il pericolo da cacciare?”. Si vince con l’abbraccio, con l’accoglienza, con il dialogo, con l’amore, che è la parola che apre tutte le porte. […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE POLIZIA DI STATO

[…] Quando vengono a mancare la legalità e la sicurezza, sempre sono i più deboli i primi a essere danneggiati, perché hanno meno mezzi per difendersi e provvedere a sé stessi. Ogni ingiustizia infatti colpisce anzitutto i più poveri, e tutti coloro che in vario modo possono dirsi “ultimi”. Ultimi, nel nostro mondo, sono coloro che lasciano la loro terra a causa della guerra e della miseria, e devono ripartire da zero in un contesto del tutto nuovo; ultimi sono coloro che hanno perso la casa e il lavoro, e faticano a mantenere la loro famiglia; ultimi sono coloro che vivono emarginati e ammalati, o sono vittime di ingiustizie e soprusi. A tutti costoro voi vi fate prossimi quando cercate di prevenire il crimine e vi adoperate nel contrasto al bullismo e alle truffe; quando mettete a disposizione il vostro tempo e le vostre energie nella formazione dei giovani e nella vigilanza presso le scuole, nella tutela del territorio e del patrimonio artistico; nell’organizzazione di convegni e nella formazione a una cittadinanza più attiva e consapevole. […]

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“URBI ET ORBI” MESSAGE OF HIS HOLINESS POPE FRANCIS CHRISTMAS 2018

[…] We see Jesus in the many children forced to leave their countries to travel alone in inhuman conditions and who become an easy target for human traffickers. Through their eyes we see the drama of all those forced to emigrate and risk their lives to face exhausting journeys that end at times in tragedy.

I see Jesus again in the children I met during my recent visit to Myanmar and Bangladesh, and it is my hope that the international community will not cease to work to ensure that the dignity of the minority groups present in the region is adequately protected. Jesus knows well the pain of not being welcomed and how hard it is not to have a place to lay one’s head. May our hearts not be closed as they were in the homes of Bethlehem. […]

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“URBI ET ORBI” MESSAGE OF HIS HOLINESS POPE FRANCIS CHRISTMAS 2018

[…] We see Jesus in the many children forced to leave their countries to travel alone in inhuman conditions and who become an easy target for human traffickers. Through their eyes we see the drama of all those forced to emigrate and risk their lives to face exhausting journeys that end at times in tragedy.

I see Jesus again in the children I met during my recent visit to Myanmar and Bangladesh, and it is my hope that the international community will not cease to work to ensure that the dignity of the minority groups present in the region is adequately protected. Jesus knows well the pain of not being welcomed and how hard it is not to have a place to lay one’s head. May our hearts not be closed as they were in the homes of Bethlehem. […]

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA [22-25 SETTEMBRE 2018] INCONTRO ECUMENICO CON I GIOVANI DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Allora sì, diciamo di nuovo: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi ristorerò» (Mt 11,28). Ma lo diciamo convinti che, al di là dei nostri limiti, delle nostre divisioni, Gesù continua ad essere il motivo per essere qui. Sappiamo che non c’è sollievo più grande che lasciare che Gesù porti le nostre oppressioni. Sappiamo anche che ci sono molti che ancora non lo conoscono e vivono nella tristezza e nello smarrimento. Una vostra famosa cantante, circa dieci anni fa, diceva in una delle sue canzoni: «L’amore è morto, l’amore se n’è andato, l’amore non vive più qui» (Kerli Kõiv, L’amore è morto). No, per favore! Facciamo sì che l’amore sia vivo, e tutti noi dobbiamo fare questo! E sono tanti quelli che fanno questa esperienza: vedono che finisce l’amore dei loro genitori, che si dissolve l’amore di coppie appena sposate; sperimentano un intimo dolore quando a nessuno importa che debbano emigrare per cercare lavoro o quando li si guarda con sospetto perché sono stranieri. Sembrerebbe che l’amore sia morto, come diceva Kerli Kõiv, ma sappiamo che non è così, e abbiamo una parola da dire, qualcosa da annunciare, con pochi discorsi e molti gesti. Perché voi siete la generazione dell’immagine, la generazione dell’azione al di sopra della speculazione, della teoria. […]

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA [22-25 SETTEMBRE 2018] SANTA MESSA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] La prima cosa che l’evangelista fa notare è che Maria sta “saldamente in piedi” accanto a suo Figlio. Non è un modo leggero di stare, neppure evasivo e tanto meno pusillanime. È, con fermezza, “inchiodata” ai piedi della croce, esprimendo con la postura del suo corpo che niente e nessuno potrebbe spostarla da quel luogo. Maria si mostra in primo luogo così: accanto a coloro che soffrono, a coloro dai quali il mondo intero fugge, accanto anche a quelli che sono processati, condannati da tutti, deportati. Non soltanto vengono oppressi o sfruttati, ma si trovano direttamente “fuori dal sistema”, ai margini della società (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53). Con loro c’è anche la Madre, inchiodata sulla croce dell’incomprensione e della sofferenza. […]

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA [22-25 SETTEMBRE 2018] SANTA MESSA OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Gesù, sapendo quello che pensavano, propone loro un antidoto a queste lotte di potere e al rifiuto del sacrificio; e, per dare solennità a quello che sta per dire, si siede come un Maestro, li chiama, e compie un gesto: mette un bambino al centro; un ragazzino che di solito si guadagnava gli spiccioli facendo le commissioni che nessuno voleva fare. Chi metterà in mezzo oggi, qui, in questa mattina di domenica? Chi saranno i più piccoli, i più poveri tra noi, che dobbiamo accogliere a cent’anni della nostra indipendenza? Chi è che non ha nulla per ricambiarci, per rendere gratificanti i nostri sforzi e le nostre rinunce? Forse sono le minoranze etniche della nostra città, o quei disoccupati che sono costretti a emigrare. Forse sono gli anziani soli, o i giovani che non trovano un senso nella vita perché hanno perso le loro radici. “In mezzo” significa equidistante, in modo che nessuno possa fingere di non vedere, nessuno possa sostenere che “è responsabilità di altri”, perché “io non ho visto” o “sono troppo lontano”. Senza protagonismi, senza voler essere applauditi o i primi. […]

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA [22-25 SETTEMBRE 2018] INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON I GESUITI

[…] Voglio dirvi questo: noi diciamo che Gesù è disceso agli inferi, e io vi consiglio di non aver paura di discendere negli inferi delle persone. Alle volte, questo addirittura significa entrare nel campo del diavolo. Ma le sofferenze umane, sociali, quelle delle coscienze… bisogna scendere agli inferi, bisogna scendere lì. Toccare le piaghe. E toccando le piaghe delle persone, tu tocchi le piaghe di Cristo. Il gesuita non deve aver paura di questo. È una grazia che si riceve dalla mano del Signore. E queste ferite non si sono aperte solamente a Vilnius e nel passato. La stessa cosa accade proprio oggi in tante situazioni sociopolitiche del mondo. Sto pensando a un filmato che testimonia la situazione di alcune carceri del nord Africa costruite dai trafficanti di persone. Quando i governi rispediscono indietro chi era riuscito a mettersi in salvo, i trafficanti li mettono in quelle carceri, dove si praticano le torture più orribili. Per questo è importante che lei parli della sua esperienza di prigionia. La gente deve sapere che significa. È bene che ne parli. Noi oggi ci strappiamo le vesti per quello che hanno fatto i comunisti, i nazisti e i fascisti… ma oggi? Non accade anche oggi? Certo, lo si fa con guanti bianchi e di seta! Quando Ignazio ci propone la terza settimana, c’è una cosa che sembra troppo volontarista, ma non lo è: è solamente molto umana. Lo sapete, sant’Ignazio ci chiede di sforzarci di provare dolore, di piangere per Cristo che soffre la passione. Questo non è pelagianesimo, no! Ignazio conosceva la resistenza che noi abbiamo a mettere dentro il nostro cuore i dolori degli altri. Per questo ci chiede di sforzarci. Per questo è importante meditare la passione del Signore. Devo farvi una confidenza. Io sempre porto con me questa Via Crucis tascabile, per ricordare la passione del Signore [e la tira fuori dalla tasca]. È la passione di tanta gente che oggi è carcerata, torturata. Mi fa bene meditare la Via Crucis. Grazie, padre! Grazie per la sua testimonianza! […] […] Grazie! Grazie per essere venuti a farmi visita e grazie per quello che fate per la Chiesa! Pregate! Vi consiglio due letture, come faccio spesso con i gesuiti. Leggete il discorso che ha fatto Paolo VI il 3 dicembre del 1974 ai padri radunati nella XXXII Congregazione generale. Per me è la cosa più bella che un Papa abbia detto ai gesuiti. È un gioiello. Prendetelo, meditatelo. E vi raccomando pure di leggere l’ultima cosa che ha detto padre Arrupe, cioè il discorso ai gesuiti che lavoravano nei campi profughi in Thailandia. È stato il suo “canto del cigno”. Poi, durante il volo di ritorno verso Roma, fu colpito da un ictus. E il discorso che lì aveva rivolto ai gesuiti che stavano lavorando con i rifugiati fu quello di non trascurare mai la preghiera. Leggete questi due documenti. Questo è più sostanzioso e più bello di ciò che io potrei dirvi. Pregate per me! Grazie! Adesso preghiamo insieme la Madonna, Regina Societatis Iesu… […]