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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE

[…] Accolgo con favore il fatto che l’Accademia si concentri anche sulle nuove conoscenze necessarie per affrontare le piaghe della società contemporanea. I popoli chiedono giustamente di partecipare alla costruzione delle proprie società. I proclamati diritti universali devono diventare realtà per tutti, e la scienza può contribuire in modo decisivo a tale processo e all’abbattimento delle barriere che lo ostacolano. Ringrazio l’Accademia delle Scienze per la sua preziosa collaborazione nel contrastare quel crimine contro l’umanità che è la tratta delle persone finalizzata a lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi. Vi accompagno in questa battaglia di umanità. […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO COMITATO PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

[…] Il secondo atteggiamento è quello del servizio. La comunità eucaristica, comunicando alla sorte di Gesù Servo, diventa essa stessa “serva”: mangiando il “corpo donato” diventa “corpo offerto per le moltitudini”. Ritornando continuamente alla “stanza superiore” (cfr At 1,13), grembo della Chiesa, dove Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli, i cristiani servono la causa del Vangelo inserendosi nei luoghi della debolezza e della croce per condividere e sanare. Sono tante situazioni nella Chiesa e nella società, su cui versare il balsamo della misericordia con opere spirituali e corporali: sono famiglie in difficoltà, giovani e adulti senza lavoro, malati e anziani soli, migranti segnati da fatiche e violenze – e respinti -, e anche altre povertà. In questi luoghi dell’umanità ferita i cristiani celebrano il memoriale della Croce e rendono vivo e presente il Vangelo del Servo Gesù consegnatosi per amore. I battezzati seminano così una cultura eucaristica facendosi servitori dei poveri, non in nome di una ideologia ma del Vangelo stesso, che diventa regola di vita dei singoli e delle comunità, come testimonia l’ininterrotta schiera di santi e sante della carità. […]

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SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO A SUA SANTITÀ MAR GEWARGIS III, CATHOLICOS-PATRIARCA DELLA CHIESA ASSIRA DELL’ORIENTE

[…] 3. Nel nostro pellegrinaggio verso l’unità visibile, sperimentiamo una sofferenza comune che nasce dalla drammatica situazione dei nostri fratelli e sorelle cristiani in Medio Oriente, specialmente in Iraq e in Siria. L’importanza della presenza e della missione cristiana in Medio Oriente è stata evidenziata ancora una volta in modo chiaro durante la Giornata di preghiera e riflessione che si è tenuta a Bari il 7 luglio 2018, quando i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente si sono riuniti per pregare e per parlare gli uni con gli altri. La Buona Novella di Gesù, crocifisso e risorto per amore, è giunta dal Medio Oriente e nel corso dei secoli ha conquistato cuori umani, non con la forza terrena, bensì con la forza disarmata della Croce. Tuttavia, da decenni ormai il Medio Oriente è un epicentro di violenza, dove ogni giorno intere popolazioni sopportano prove dolorose. Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti soffrono immensamente a causa di conflitti violenti che nulla può giustificare. Le guerre e le persecuzioni hanno aumentato l’esodo di cristiani dalle terre in cui hanno vissuto fianco a fianco con altre comunità religiose dai tempi degli apostoli. Senza distinzione di rito o confessione, soffrono perché professano il nome di Cristo. In loro vediamo il Corpo di Cristo che, ancora oggi, è tormentato, percosso e oltraggiato. Siamo profondamente uniti nella nostra preghiera d’intercessione e nel nostro impegno caritatevole verso questi membri sofferenti del corpo di Cristo. […]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA “LA GESTIONE DI UN BENE COMUNE: L’ACCESSO ALL’ACQUA POTABILE PER TUTTI”

[…] Ho già proposto alcune considerazioni su questo argomento nell’Enciclica Laudato si’ e nel recente Messaggio in occasione della Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato. Spero che coloro che intervengono e partecipano a questa Conferenza possano condividere nei loro ambiti professionali e politici l’urgenza, la volontà e la determinazione necessarie. La Santa Sede e la Chiesa sono impegnate a favore dell’accesso all’acqua potabile per tutti. Questo impegno si manifesta in molteplici iniziative quali la realizzazione di infrastrutture, la formazione, l’advocacy, l’assistenza alle popolazioni in pericolo il cui approvvigionamento in acqua è compromesso, tra cui i migranti, e il richiamo a quell’insieme di riferimenti etici e di principi che scaturiscono dal Vangelo e da una sana antropologia. […]

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL “FORO SOCIAL DE MIGRACIONES 2018”

Al Forum Sociale Mondiale sulle Migrazioni Città del Messico – 2 novembre 2018 Cari fratelli e sorelle, Ringrazio per l’invito estesomi dagli organizzatori del Forum Sociale Mondiale sulle Migrazioni a rivolgervi alcune parole d’incoraggiamento all’inizio delle sessioni di lavoro. Il programma di azione dell’ottava edizione del Forum Sociale Mondiale sulle Migrazioni ricorda il mandato del profeta Geremia, inviato da Dio «per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare» (Ger 1, 10). Come al tempo del profeta, oggi ci sono cattiverie da estirpare, ingiustizie da demolire, discriminazioni da distruggere, privilegi da abbattere, dignità da edificare e valori da piantare. La trasformazione positiva delle nostre società inizia dal rifiuto di tutte le ingiustizie, che oggi cercano la loro giustificazione nella “cultura dello scarto”, una malattia “pandemica” del mondo contemporaneo. Questo opporsi si pone come una prima attuazione di giustizia, soprattutto quando riesce a dare voce ai “senza voce”. E tra questi ultimi ci sono i migranti, i rifugiati e gli sfollati, che vengono ignorati, sfruttati, violati e abusati nel silenzio colpevole di molti. L’azione trasformatrice non si limita però a denunciare le ingiustizie. È necessario individuare modelli di soluzione concreti e fattibili, chiarendo ruoli e responsabilità di tutti gli attori. Nell’ambito migratorio (migrare), la trasformazione (trasformare) si alimenta della resilienza (resistere) dei migranti, rifugiati e sfollati, e si avvale delle loro capacità e aspirazioni per la costruzione (costruire) di «società inclusive, giuste e solidali, capaci di restituire dignità a quanti vivono in grande incertezza e non riescono a sognare un mondo migliore» (Messaggio al Presidente esecutivo del Forum Economico Mondiale, 23-26 gennaio 2018). Questo forum si propone di affrontare sette assi tematiche direttamente legati alle migrazioni contemporanee: diritti umani, frontiere, incidenza politica, capitalismo, genere, cambiamento climatico e dinamiche transnazionali. Si tratta di temi molto importanti, che meritano una riflessione attenta e condivisa tra tutti gli attori, una riflessione che cerca l’integrazione delle diverse prospettive, riconoscendo la complessità del fenomeno migratorio. Ed è proprio a motivo di questa complessità che da un paio di anni la comunità internazionale si è impegnata nello sviluppo di due processi di consultazioni e negoziazioni, che hanno come obiettivo l’adozione di due patti mondiali, uno per una migrazione sicura, ordinata e regolare, e l’altro sui rifugiati. Come contributo a questi processi, la Sezione Migranti e Rifugiati, sotto la mia direzione, ha preparato un documento, intitolato 20 Punti di azione per i Patti Globali, che sostiene una serie di misure efficaci e accreditate che, nel loro insieme, costituiscono una risposta coerente alle sfide che attualmente si pongono. I 20 Punti si articolano attorno a quattro verbi — accogliere, proteggere, promuovere e integrare — che sintetizzano la risposta alle «sfide poste alla comunità politica, alla società civile e alla Chiesa» (Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale «Migrazioni e Pace», 21 febbraio 2017), dal fenomeno migratorio oggi. Molti dei principi dichiarati e delle misure suggerite nei 20 Punti di Azione coincidono con le dichiarazioni che organizzazioni della società civile hanno sottoscritto con l’intento di contribuire al processo avviato dalle Nazioni Unite in vista dei Patti Globali. Sono inoltre notevoli le coincidenze di principio e di misure tra i 20 Punti e i testi finali degli stessi Patti. Al di là dei loro limiti, che la Santa Sede non ha mancato di segnalare, e della loro natura non vincolante, i Patti Globali costituiscono «un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018, 13 novembre 2017). Come per qualunque azione di portata mondiale, l’attuazione delle raccomandazioni e dei suggerimenti contenuti nei Patti Globali richiede il coordinamento degli «sforzi di tutti gli attori, tra i quali, potete starne certi, ci sarà sempre la Chiesa» (Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale su “Migrazioni e Pace”, 21 febbraio 2017). A tal fine spero di poter contare sulla collaborazione di tutti voi e delle organizzazioni che rappresentate in questo forum. La stessa collaborazione è richiesta per migliorare gli accordi bilaterali e multilaterali nell’ambito migratorio, e che questi siano sempre a maggiore beneficio di tutti: migranti, rifugiati, sfollati, le loro famiglie, le loro comunità di origine e le società che li accolgono. Ciò si può ottenere solo in un dialogo trasparente, sincero e costruttivo tra tutti gli attori, nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità di ognuno. Vorrei cogliere questa occasione per incoraggiare le organizzazioni della società civile e i movimenti popolari a collaborare alla diffusione massiva di quei punti dei Patti Globali che mirano alla promozione umana integrale dei migranti e dei rifugiati — come pure delle comunità che li accolgono —, evidenziando le buone iniziative proposte. Le stesse organizzazioni e movimenti sono invitati a impegnarsi per promuovere una ripartizione di responsabilità più equa nell’assistenza ai richiedenti asilo e ai rifugiati. La loro azione è inoltre determinante per individuare prontamente le vittime della tratta, compiendo tutti gli sforzi necessari per liberarle e riabilitarle. Chiedo infine l’intercessione della Vergine Maria, con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe, affinché vi custodisca e vi sostenga con il suo aiuto materno nelle vostre attività a favore dei migranti, rifugiati e sfollati. Dio benedica il vostro lavoro nei prossimi giorni.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL XV CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO (SCALABRINIANI)

Parole pronunciate a braccio dal Santo Padre Papa Francesco: Ho preparato alcune parole da dirvi, ma le consegno al Padre generale e preferisco parlare un po’ dal cuore, e se c’è tempo dare l’opportunità di fare qualche domanda. Vorrei prima di tutto ringraziarvi per quello che fate. Io ho avuto la grazia di conoscervi da prima di essere Arcivescovo di Buenos Aires, perché i vostri studenti studiavano nella nostra facoltà. Sono stati bravi! Poi, come Arcivescovo, ho avuto il vostro aiuto in quella città che tanti problemi aveva di immigrazione. Grazie tante! E adesso grazie per averci dato uno dei due Sotto-Segretari per i migranti. Lavorano tanto bene tutti e due. “Ero straniero”. Questa parola mi ha fatto “rumore” quando Lei l’ha detta… È più facile accogliere uno straniero che essere accolto, e voi dovete fare ambedue le cose. Voi dovete insegnare, aiutare ad accogliere lo straniero, e dare tutte le possibilità alle nazioni che hanno di tutto o il sufficiente per usare queste quattro parole che Lei ha detto. Come accogliere uno straniero. Mi colpisce tanto la Parola di Dio: già nell’Antico Testamento sottolinea questo: accogliere lo straniero, “perché ricordati che tu sei stato straniero”. È vero che oggi c’è un’ondata di chiusura verso lo straniero, e ci sono anche tante situazioni di tratta delle persone straniere: si sfrutta lo straniero. Io sono figlio di migranti, e ricordo nel dopoguerra – ero un ragazzino di 10/12 anni – quando, dove lavorava papà, sono arrivati i polacchi a lavorare, tutti migranti; e come erano accolti bene. L’Argentina ha questa esperienza di accogliere, perché c’era lavoro e c’era anche bisogno. E l’Argentina – per la mia esperienza – è un cocktail di ondate migratorie, voi lo sapete meglio di me. Perché i migranti costruiscono un Paese; come hanno costruito l’Europa. Perché l’Europa non è nata così, l’Europa è stata fatta da tante ondate migratorie durante i secoli. Una volta Lei ha usato una parola brutta: il “benessere”. Ma il benessere è suicida, perché ti porta a due cose. A chiudere le porte, perché non ti disturbino: soltanto quelle persone che servono per il mio benessere possono entrare. E da un’altra parte, per il benessere, non essere fecondi. E noi abbiamo oggi questo dramma: di un inverno demografico e di una chiusura delle porte. Questo deve aiutarci a capire un po’ questo problema di ricevere lo straniero: sì, è un estraneo, non è dei nostri, è uno che viene da fuori. Ma come si accoglie uno che è estraneo? E questo è il lavoro che voi fate e aiutate a fare: a formare le coscienze per farlo bene. E di questo vi ringrazio. Ma c’è l’altra dimensione. Noi non siamo i padroni che diciamo: “Ah, voi, se siete stranieri, venite”. No. Anche noi siamo stranieri. E se noi non cerchiamo di essere accolti dalla gente, da quelli che sono migranti e da quelli che non lo sono, manca un’altra parte nella nostra coscienza: diventeremo i “padroni”, i padroni dell’immigrazione, quelli che sanno di più delle migrazioni. No. Occorre avere, nella vostra esperienza religiosa, questa esperienza: di essere anche voi migranti, almeno migranti culturali. Per questo a me è sempre piaciuto, nel vostro itinerario di formazione, il fatto di far girare gli studenti: fare la teologia qui, la filosofia là…, perché possano conoscere diverse culture. Essere straniero. E questo è molto importante. Dalla propria esperienza di essere stato straniero, per gli studi o per le destinazioni, cresce la conoscenza di come si accoglie uno straniero. Queste due cose, queste due direzioni sono molto importanti, e voi dovete farle bene. Questa è la prima cosa che volevo dire. Lei ha anche usato un’altra parola: pregare. Il migrante prega. Prega perché ha necessità di tante cose. E prega a modo suo, ma prega. Un pericolo per tutti noi, uomini e donne di Chiesa, ma per voi di più, per la vostra vocazione, sarebbe non avere bisogno di preghiera. “Sì, sì, io penso, io studio, io faccio, ma non so mendicare, non so chiedere di essere accolto dal Signore essendo anch’io migrante verso il Signore”. Per questo mi è piaciuto quando ha parlato di preghiera: preghiera che tante volte è noiosa, o ti porta l’angoscia. Ma stare davanti al Signore e bussare alla porta, come fa il migrante, che bussa alla porta. Come ha fatto quella “migrante” in Israele – la donna siro-fenicia – che è riuscita pure a discutere col Signore (cfr Mt 15,21-28). Bussare alla porta della preghiera. Essere migranti nell’esperienza della migrazione, come voi fate nelle destinazioni, ed essere migranti nella preghiera, bussare alla porta per essere ricevuto dal Signore: questo è un aiuto molto importante. E un altro fenomeno dei migranti – pensiamo alla carovana che va dall’Honduras agli Stati Uniti – è l’ammucchiarsi. Il migrante di solito cerca di andare in gruppo. A volte deve andare solo, ma è normale ammucchiarsi, perché ci sentiamo più forti nella migrazione. E lì c’è la comunità. Nel calcio c’è la possibilità di un “libero”, che possa muoversi secondo le opportunità, ma da voi non c’è possibilità, i “liberi” da voi falliscono. Sempre la comunità. Sempre in comunità, perché la vostra vocazione è proprio per i migranti che si ammucchiano. Sentitevi migranti. Sentitevi, sì, migranti davanti ai bisogni, migranti davanti al Signore, migranti fra voi. E per questo il bisogno di ammucchiarsi. Queste tre cose mi sono venute in mente mentre Lei parlava. Queste idee che forse possono aiutarvi. Vi ringrazio per tutto quello che fate. Voi siete un esempio. E siete anche coraggiosi, perché spesso voi andate oltre i limiti, rischiate. E rischiare è pure una caratteristica del migrante. Rischia. Rischia anche la vita a volte. E questa è una cosa che aiuta: coraggiosi, sanno rischiare. La prudenza in voi ha un’altra tonalità rispetto alla prudenza di un monaco di clausura: sono prudenze diverse. Ambedue virtù, ma con coloriture diverse. Rischiare. C’è ancora un po’ di tempo. Non so se qualcuno vuol fare qualche domanda per arricchire l’incontro. Dai! Prima domanda di uno Scalabriniano [in italiano] Santo Padre, vorrei prima di tutto ringraziarLa per questo incontro – anche se il Superiore Generale lo ha già fatto –, ringraziarLa a nome di tanti migranti che mi hanno chiesto oggi di dirLe che Le vogliono molto bene. Vogliamo ringraziarLa per tutti gli insegnamenti, ringraziarla specialmente per quello che fa – il Superiore lo ha ricordato oggi – e chiederLe anche di non stancarsi mai di chiedere alla Chiesa e a noi Scalabriniani, oggi specialmente, di essere “evangelizzatori con Spirito”, come Lei ha detto molto bene nella Evangelii gaudium e nella Gaudete et exsultate. Grazie e ci chieda sempre questo! Papa Francesco Grazie a te! Un altro coraggioso? Domanda di uno Scalabriniano [in italiano]: Santità, dalla Sua prospettiva, che è universale, dove dovremmo andare? Papa Francesco: Non siete così numerosi per andare dove c’è bisogno: oggi c’è bisogno dappertutto. La scelta dei posti si fa con il discernimento, il discernimento davanti al Signore e davanti alle necessità che ci sono nel mondo. E non è facile, non è facile scegliere questo. Ci sono due parole che forse mi aiuteranno a risponderti. Una è sempre il magis: sempre di più, sempre di più, perché Dio ti attrae così. Andare di più. Andare senza stancarsi di andare oltre, oltre, verso nuove frontiere. Questa è una dimensione di una buona scelta. E l’altra è una frase che nella prima parte della Summa Teologica San Tommaso dice, un “motto”, in latino è: “Non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo divinum est”. “Non essere soggetto alle cose grandi, e tuttavia tenere conto delle più piccole, questo è divino”. E non è facile, scegliere in questa tensione: “Non coerceri a maximo” no, avere l’orizzonte, senza spaventarsi, ma “contineri tamen a minimo”: “questo è divino”. E Dio fa così, perché Dio è Dio dell’universo, della storia della salvezza, è il Maximus. È il Dio del sacrificio della croce: il massimo di amore. Ed è anche il Dio che ha cura di ogni persona, del “minimo”: è capace di aprire la porta del Paradiso a un ladro. Con questi due criteri: il magis, e anche questa tensione, credo che voi potete fare delle scelte buone. E una scelta buona è la capacità di congedarsi. Questo succede non solo a voi, a tutti. Arrivato il momento che Dio chiede per l’obbedienza a Lui, o l’obbedienza tramite i superiori, di congedarsi, farlo. Congedarsi non è facile. Ci sono dei congedi buoni: Lei è felice di congedarsi dal posto di superiore generale, oggi! È felice. Ma congedarsi è difficile, perché uno si abitua al lavoro, si abitua alla comunità, si abitua al popolo, si abitua… E dire di no e andare indietro, ci vuole coraggio, e ci vuole santità per farlo bene. Capacità di congedarsi quando è la volontà di Dio, sia per l’obbedienza, sia per altri motivi, sia per l’ispirazione, che ti dice: “basta”. Questo aiuta a fare delle buone scelte. Non so se ho risposto, ma quei due principi aiuteranno abbastanza. Domanda di uno Scalabriniano [in spagnolo] Yo soy de aquí, crecí en los Estados Unidos desde cuando tenía 16 años y ahora trabajo con los migrantes latinos especialmente los mexicanos. El dolor más grande es cuando ellos no pueden regresar a enterrar a sus papás, después de 20 años en los Estados Unidos. Me gustaría un mensaje para ellos… Papa Francesco: Probablemente es la obra de misericordia que menos se entiende. Y la que, me permito la palabra, menospreciamos más: enterrar a los muertos. La menospreciamos porque generalmente mueren viejos y uno dice, bueno, por fin dejó de sufrir y por fin dejó de ser una preocupación para mí. Y todos los egoísmos que se juntan ahí. Scusate, sto parlando in spagnolo… Ma quando ci troviamo davanti a questa gente che soffre per non poter andare a seppellire i genitori, ci troviamo davanti alla grandezza del nostro popolo fedele, perché dietro di questo non c’è soltanto l’opera di misericordia, c’è il quarto comandamento, e il popolo fedele di Dio ama il quarto comandamento. Ha il fiuto di sapere che lì c’è anche una benedizione. I cattolici non tanto fedeli, quelli a cui piace guardare avanti, possono avere la tentazione di dimenticarsi dei genitori, e non portarli. Una volta, spiegando i comandamenti – io ero bambino – mia nonna mi raccontò una storia: c’era una famiglia molto cattolica, molto buona… Il nonno vedovo abitava con loro, ma alla fine il nonno si invecchiò troppo e a tavola si sporcava i vestiti, cadeva il brodo o anche la pappa. E a un certo punto il papà ha deciso, e ha spiegato ai figli che, per poter invitare degli amici, il nonno avrebbe mangiato in cucina, da solo. E ha comprato il tavolo per il nonno: fatto bene, di buona qualità, ma da solo. Così la famiglia poteva mangiare senza questa cosa che non era tanto bella. Alcuni giorni dopo, tornando dal lavoro, il papà trovò il figlio più piccolo con un martello, dei chiodi, e dei pezzi di legno, che stava lavorando. “Cosa stai facendo?” – “Sto facendo un tavolo” – “Ma perché un tavolo?” – “Per te, per poterlo usare quando diventi vecchio”. Mai mi sono dimenticato questa cosa. Una storia, una storia che tocca quello che tu hai detto: l’amore per i genitori. E il popolo fedele di Dio ama i genitori, ama i vecchi. La società di oggi, in generale, questa cultura, corre il pericolo di considerare i vecchi come materiale di scarto. Quando non li lascia andare verso tante forme di eutanasia mascherata, come sono quelle di non dare le medicine giuste, o darne di meno perché sono costose, e così muoiono prima. Tutti noi abbiamo anche nonni spirituali, padri spirituali, anche in congregazione. La tua domanda mi suggerisce: i vostri genitori spirituali, in congregazione, sono ben curati? Fate di tutto perché loro vivano in comunità fino a che sia possibile, o siete troppo preoccupati di mandarli alla casa di riposo al più presto? Scusatemi, ma sei stato tu a toccare il tasto! Domanda di uno Scalabriniano [in spagnolo] Desde Centroamérica unas palabras nada más. Estando en misión en Guatemala. En este momento Centroamérica llora, Centroamérica clama. Y encontramos muestras de acogida, muestras de cerrazón, muchas de estas muestras de los mismos laicos comprometidos. La Iglesia comienza a abrir sus puertas más, algunos en sus obispos, gracias a Sus palabras y al empuje que está dando. La nuestra mayor tentación es no sentirnos escuchados por Dios ante tanto sufrimiento y tanto clamor, y traerle este clamor a Usted aquí que sé que lo sabe, que lo siente. Y un agradecimiento desde Centroamérica por sus palabras de aliento, sus palabras de fuerza. Gracias Su Santidad. Papa Francesco: Grazie a te. Io capisco quella tentazione, capisco. È una tentazione, ma bisogna bussare, bussare, bussare senza stancarsi. Ma in comunità, tutti, tutti insieme. Farlo insieme. Ciascuno, ma sapendo che tutta la comunità prega per questo popolo che soffre tanto. Domanda di uno Scalabriniano [in spagnolo] Muchas gracias Santidad. Soy un colombiano por allá perdido en servicio de liderazgo en Australia y Asia donde el Señor nos está bendiciendo con los números de vocaciones. Una gran bendición para nuestra congregación. Un mensaje para nuestros seminaristas, no sólo asiáticos sino toda la congregación y a ese pueblo de Oriente. Papa Francesco [in spagnolo] Bueno, un poco diría resumiendo lo que les dije, que sean migrantes primero para poder trabajar con los migrantes. Migrantes de Dios, migrantes con la comunidad, migrantes de un pueblo, que se sientan en camino, en camino. Y con lo de ser migrantes de Dios que lleven a la oración cosas concretas: que la oración es para pelear, para pelear con Dios! Y si uno pelea, saca las cosas. Deciles eso: que tengan coraje. Adesso, preghiamo la Madonna: “Ave, o Maria…” Benedizione Discorso consegnato dal Santo Padre Cari fratelli, sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro Capitolo Generale e di rivolgere a ciascuno il mio cordiale saluto, ad iniziare dal nuovo Superiore Generale, che ringrazio per le sue parole e al quale auguro ogni bene per il suo ministero. Al centro della vostra riflessione di questi giorni avete posto il tema Incontro e cammino. «Gesù camminava con loro» (cfr Lc 24,15). Il riferimento è al racconto dei discepoli di Emmaus, che incontrano Gesù risorto lungo la strada. Egli si avvicina per camminare con loro e per spiegare ad essi le Scritture. Il Capitolo rappresenta un momento privilegiato di grazia per la vostra Famiglia religiosa, chiamata ad assumere questo duplice atteggiamento del divino Maestro nei confronti di quanti sono oggetto delle vostre cure pastorali: annunciare loro la Parola e camminare con loro. Si tratta di trovare strade sempre nuove di evangelizzazione e di prossimità, al fine di realizzare con fedeltà dinamica il vostro carisma, che vi pone al servizio dei migranti. Di fronte all’odierno fenomeno migratorio, molto vasto e complesso, la vostra Congregazione attinge le risorse spirituali necessarie dalla testimonianza profetica del Fondatore, quanto mai attuale, e dall’esperienza di tanti confratelli che hanno operato con grande generosità dalle origini, 131 anni fa, fino a oggi. Oggi come ieri, la vostra missione si svolge in contesti difficili, a volte caratterizzati da atteggiamenti di sospetto e di pregiudizio, se non addirittura di rifiuto verso la persona straniera. Ciò vi sprona ancora di più a un coraggioso e perseverante entusiasmo apostolico, per portare l’amore di Cristo a quanti, lontani dalla patria e dalla famiglia, rischiano di sentirsi lontani anche da Dio. L’icona biblica dei discepoli di Emmaus fa vedere che Gesù spiega le Scritture mentre cammina con loro. L’evangelizzazione si fa camminando con la gente. Prima di tutto bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede… Prima di tutto ascoltare, e farlo in atteggiamento di con-passione, di vicinanza sincera. Quante storie ci sono nei cuori dei migranti! Storie belle e brutte. Il pericolo è che vengano rimosse: quelle brutte, è ovvio; ma anche quelle belle, perché ricordarle fa soffrire. E così il rischio è che il migrante diventi una persona sradicata, senza volto, senza identità. Ma questa è una perdita gravissima, che si può evitare con l’ascolto, camminando accanto alle persone e alle comunità migranti. Poterlo fare è una grazia, ed è anche una risorsa per la Chiesa e per il mondo. Dopo aver ascoltato, come Gesù, bisogna dare la Parola e il segno del Pane spezzato. E’ affascinante far conoscere Gesù attraverso le Scritture a persone di diverse culture; raccontare loro il suo mistero di Amore: incarnazione, passione, morte e risurrezione. Condividere con i migranti lo stupore di una salvezza che è storica, è situata, eppure è universale, è per tutti! Gustare insieme la gioia di leggere la Bibbia, di accogliere in essa la Parola di Dio per noi oggi; scoprire che attraverso le Scritture Dio vuole donare a questi uomini e queste donne concreti la sua Parola di salvezza, di speranza, di liberazione, di pace. E poi, invitare alla Mensa dell’Eucaristia, dove le parole vengono meno e rimane il Segno del Pane spezzato: Sacramento in cui tutto si riassume, in cui il Figlio di Dio offre il suo Corpo e il suo Sangue per la vita di quei viandanti, di quegli uomini e quelle donne che rischiano di perdere la speranza e per non soffrire preferiscono cancellare il passato. Cristo Risorto manda anche voi, oggi, nella Chiesa, a camminare insieme a tanti fratelli e sorelle che percorrono come migranti la loro strada da Gerusalemme a Emmaus. Missione antica e sempre nuova; faticosa, e a volte dolorosa, ma capace anche di far piangere di gioia. Vi incoraggio a portarla avanti col vostro proprio stile, maturato nell’incontro fecondo tra il carisma del beato Scalabrini e le circostanze storiche. Di questo stile fa parte l’attenzione che voi ponete alla dignità della persona umana, specialmente là dove essa è maggiormente ferita e minacciata. Ne fanno parte l’impegno educativo con le nuove generazioni, la catechesi e la pastorale familiare. Cari fratelli, non dimentichiamo che la condizione di ogni missione nella Chiesa è che siamo uniti a Cristo Risorto come i tralci alla vite (cfr Gv 15,1-9). Altrimenti facciamo attivismo sociale. Per questo ripeto anche a voi l’esortazione a rimanere in Lui. Noi per primi abbiamo bisogno di lasciarci rinnovare nella fede e nella speranza da Gesù vivo nella Parola e nell’Eucaristia, ma anche nel Perdono sacramentale. Abbiamo bisogno di stare con Lui nell’adorazione silenziosa, nella lectio divina, nel Rosario della Vergine Maria. E abbiamo bisogno di una sana vita comunitaria, semplice ma non banale, non mediocre. Ho apprezzato quando il Superiore Generale ha detto che lo Spirito vi chiama a vivere tra di voi la comunione nella diversità. Sì, come testimonianza ma prima di tutto come gioia per voi, come ricchezza umana e cristiana, ecclesiale. Vi incoraggio anche a proseguire il cammino di condivisione con i laici, affrontando insieme le sfide dell’oggi; come pure a curare gli itinerari di formazione permanente. Fratelli, vi ringrazio per questo incontro. Prego per il vostro Capitolo, che porti tanti buoni frutti! Lo chiediamo per intercessione di Maria nostra Madre, di San Carlo Borromeo e del Beato Giovanni Battista Scalabrini. Benedico di cuore voi e tutti i Missionari Scalabriniani. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

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PAPA FRANCESCO ANGELUS

[…] Questa Parola di Dio esprime bene l’esperienza che abbiamo vissuto nelle settimane del Sinodo: è stato un tempo di consolazione e di speranza. Lo è stato anzitutto come momento di ascolto: ascoltare infatti richiede tempo, attenzione, apertura della mente e del cuore. Ma questo impegno si trasformava ogni giorno in consolazione, soprattutto perché avevamo in mezzo a noi la presenza vivace e stimolante dei giovani, con le loro storie e i loro contributi. Attraverso le testimonianze dei Padri sinodali, la realtà multiforme delle nuove generazioni è entrata nel Sinodo, per così dire, da tutte le parti: da ogni continente e da tante diverse situazioni umane e sociali. Con questo atteggiamento fondamentale di ascolto, abbiamo cercato di leggere la realtà, di cogliere i segni di questi nostri tempi. Un discernimento comunitario, fatto alla luce della Parola di Dio e dello Spirito Santo. Questo è uno dei doni più belli che il Signore fa alla Chiesa Cattolica, cioè quello di raccogliere voci e volti dalle realtà più varie e così poter tentare un’interpretazione che tenga conto della ricchezza e della complessità dei fenomeni, sempre alla luce del Vangelo. Così, in questi giorni, ci siamo confrontati su come camminare insieme attraverso tante sfide, quali il mondo digitale, il fenomeno delle migrazioni, il senso del corpo e della sessualità, il dramma delle guerre e della violenza. […]

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SHARING THE WISDOM OF TIME / LA SAGGEZZA DEL TEMPO DIALOGO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON GIOVANI E ANZIANI

[…] Grazie. Mi è piaciuto quel “non parlo di politica, ma parlo di umanità”. Questo è saggio. I giovani non hanno l’esperienza delle due guerre. Io ho imparato da mio nonno che ha fatto la prima, sul Piave, ho imparato tante cose, dal suo racconto. Anche le canzoni un po’ ironiche contro il re e la regina, tutto questo ho imparato. I dolori, i dolori della guerra… Cosa lascia una guerra? Milioni di morti, nella grande strage. Poi è venuta la seconda, e questa l’ho conosciuta a Buenos Aires con tanti migranti che sono arrivati: tanti, tanti, tanti, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Italiani, polacchi, tedeschi… tanti, tanti. E ascoltando loro ho capito, tutti capivamo cos’era una guerra, che da noi non si conosceva. Credo che sia importante che i giovani conoscano gli effetti delle due guerre del secolo scorso: è un tesoro, negativo, ma un tesoro per trasmettere, per creare delle coscienze. Un tesoro che ha fatto anche crescere l’arte italiana: il cinema del dopoguerra è una scuola di umanesimo. Che loro conoscano questo è importante, per non cadere nello stesso errore. Che loro conoscano come cresce un populismo: per esempio, pensiamo al ’32-’33 di Hitler, quel giovanotto che aveva promesso lo sviluppo della Germania dopo un governo che aveva fallito. Che sappiano come incominciano, i populismi. Lei ha detto una parola molto brutta ma molto vera: “seminare odio”. E non si può vivere seminando odio. Noi, nell’esperienza religiosa della storia della religione, pensiamo alla Riforma: abbiamo seminato odio, tanto, da ambedue le parti, protestanti e cattolici. Questo l’ho detto esplicitamente a Lund [in Svezia, nell’incontro ecumenico], e adesso da 50 anni lentamente ci siamo accorti che non era quella la strada e stiamo cercando di seminare gesti di amicizia e non di divisione. Seminare odio è facile, e non solo sulla scena internazionale, anche nel quartiere. Uno va, sparla di una vicina, di un vicino, semina odio e quando si semina odio c’è la divisione, c’è cattiveria, nella vita quotidiana. Seminare odio con i commenti, con le chiacchiere… Dalla grande guerra scendo alle chiacchiere, ma sono della stessa specie. Seminare odio anche con le chiacchiere in famiglia, nel quartiere, è uccidere: uccidere la fama altrui, uccidere la pace e la concordia in famiglia, nel quartiere, nel posto di lavoro, far crescere le gelosie, le competizioni di cui parlava la prima ragazza. Cosa faccio io – era la sua domanda – quando vedo che il Mediterraneo è un cimitero? Io, Le dico la verità, soffro, prego, parlo. Non dobbiamo accettare questa sofferenza. Non dire “ma, si soffre dappertutto, andiamo avanti…”. No, questo non va. Oggi c’è la terza guerra mondiale a pezzetti: un pezzetto qua, un pezzetto là, e là, e là… Guardate i luoghi di conflitto. Mancanza di umanità, aggressione, odio fra culture, fra tribù, anche una deformazione della religione per poter odiare meglio. Questa non è una strada: questa è la strada del suicidio dell’umanità. Seminare odio, preparare la terza guerra mondiale, che è in corso a pezzetti. E credo di non esagerare in questo. Mi viene in mente – e questo va detto ai giovani – quella profezia di Einstein: “La quarta guerra mondiale sarà fatta con le pietre e i bastoni”, perché la terza avrà distrutto tutto. Seminare odio e far crescere l’odio, creare violenza e divisione è un cammino di distruzione, di suicidio, di altre distruzioni. Questo si può coprire [giustificare] con la libertà, si può coprire con tanti motivi! Quel giovanotto del secolo scorso, negli anni ’30, lo copriva con la purezza della razza; e qui, i migranti. Accogliere il migrante è un mandato biblico, perché “tu stesso sei stato migrante in Egitto” (cfr Lv 19,34). Poi pensiamo: l’Europa è stata fatta dai migranti, tante correnti migratorie nei secoli hanno fatto l’Europa di oggi, le culture si sono mischiate. E l’Europa sa bene che nei momenti brutti altri Paesi, dell’America, per esempio, sia del Nord che del Sud, hanno accolto i migranti europei, sa cosa significa questo. Noi dobbiamo riprendere, prima di esprimere un giudizio sul problema delle migrazioni, riprendere la nostra storia europea. Io sono figlio di un migrante che è andato in Argentina, e tanti, in America, tanti hanno un cognome italiano, sono migranti. Accolti con il cuore e con le porte aperte. Ma la chiusura è l’inizio del suicidio. E’ vero che si devono accogliere i migranti, si devono accompagnare, ma soprattutto si devono integrare. Se noi accogliamo “così” [come capita, senza un piano], non facciamo un bel servizio: c’è il lavoro dell’integrazione. La Svezia è stata un esempio da più di 40 anni, in questo. Io l’ho vissuto da vicino: quanti argentini e uruguayani, al tempo delle nostre dittature militari, sono stati rifugiati in Svezia. E subito li hanno integrati, subito. Scuola, lavoro… Integrati nella società. E quando l’anno scorso sono stato a Lund, mi ha ricevuto all’aeroporto il Primo Ministro, e poi, siccome non poteva venire lui a congedarsi, ha inviato una Ministro, credo della cultura… In Svezia, dove sono tutti biondi, questa era un po’ bruna: una Ministra della cultura così… Poi ho saputo che era figlia di una svedese e di un migrante dell’Africa. Così integrata che è arrivata a essere Ministra del Paese. Così si integrano le cose. Invece, la tragedia che tutti ricordiamo di Zaventem [in Belgio], non era stata fatta da stranieri: l’hanno fatta giovani belgi! Ma giovani belgi che erano stati ghettizzati in un quartiere. Sì, sono stati ricevuti ma non integrati. E questa non è la strada. Un governo deve avere – questi sono i criteri – il cuore aperto per ricevere, le strutture buone per fare la strada dell’integrazione e anche la prudenza di dire: fino a questo punto, posso, oltre non posso. E per questo è importante che tutta l’Europa si metta d’accordo su questo problema. Al contrario, il peso più forte lo portano l’Italia, la Grecia, la Spagna, Cipro un po’, questi tre-quattro Paesi… E’ importante. Ma, per favore, non seminare odio. E oggi, io chiederei per favore a tutti di guardare il nuovo cimitero europeo: si chiama Mediterraneo, si chiama Egeo. Questo che mi viene di dire a Lei. E grazie per avere fatto questa domanda, non per politica, ma per umanità. Grazie! […]

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DELLA CONGREGAZIONE DELLA PASSIONE DI GESÙ CRISTO (PASSIONISTI)

[…] La Chiesa oggi sente forte l’appello ad uscire fuori da sé stessa e andare alle periferie, sia geografiche sia esistenziali. Il vostro impegno ad abbracciare le nuove frontiere della missione implica non soltanto l’andare in nuovi territori per portarvi il Vangelo, ma anche affrontare le nuove sfide del nostro tempo, come le migrazioni, il secolarismo e il mondo digitale. Ciò significa essere presenti in quelle situazioni dove la gente percepisce l’assenza di Dio, e cercare di stare vicino a coloro che, in qualsiasi modo o forma, stanno soffrendo. […]

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PAPA FRANCESCO ANGELUS

[…] Un pensiero speciale rivolgo al gruppo della Caritas Internationalis, guidato dal Presidente Cardinale Luis Antonio Tagle, con alcuni Vescovi e persone provenienti da vari Paesi del mondo. Avete compiuto un breve pellegrinaggio in Roma, per esprimere il desiderio di camminare insieme imparando così a conoscersi meglio. Incoraggio questa iniziativa del “condividere il cammino”, che viene promossa in tante città e che può trasformare il nostro rapporto con i migranti. Grazie tante alla Caritas! […]