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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE STAMPA ESTERA IN ITALIA

Per questo voglio ringraziarvi per quello che fate. Perché ci aiutate a non dimenticare le vite che vengono soffocate prima ancora di nascere; quelle che, appena nate, vengono spente dalla fame, dagli stenti, dalla mancanza di cure, dalle guerre; le vite dei bambini-soldato, le vite dei bambini violati. Ci aiutate a non dimenticare tante donne e uomini perseguitati per la loro fede o la loro etnia. Mi permetto una domanda: chi parla oggi dei Rohingya? Chi parla oggi dei Yazidi? Sono dimenticati e continuano a soffrire. Ci aiutate a non dimenticare che chi è costretto – da calamità, guerre, terrorismo, fame e sete – a lasciare la propria terra non è un numero, ma un volto, una storia, un desiderio di felicità. La vostra Presidente ha parlato dei migranti: non bisogna dimenticare questo Mediterraneo che si sta trasformando in cimitero.

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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE MISSIONI AFRICANE

Cari fratelli e sorelle, do il mio benvenuto a voi, membri della Società delle Missioni Africane, in occasione della vostra Assemblea Generale che si tiene a Roma. Questo incontro mi permette di ringraziare il Signore per il grande lavoro di evangelizzazione che voi portate avanti in Africa, specialmente tra le popolazioni rurali più lontane, là dove la comunità cristiana è ancora fragile, oppure inesistente. Mi rallegro anche della vostra volontà di sviluppare nuove forme di presenza presso popolazioni di origine africana in altre parti del mondo, con un’attenzione particolare ai migranti. Questi nuovi orizzonti pastorali sono il segno della vitalità dello Spirito Santo che abita in voi e che vi spinge a rispondere alle «sfide sempre nuove della missione evangelizzatrice della Chiesa» per «raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20). Vi ringrazio per lo zelo missionario, impregnato di coraggio, che vi porta ad uscire per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo, a volte mettendo a rischio la vostra, sulle orme dei vostri padri fondatori, il Servo di Dio Melchior de Marion Brésillac e il padre Augustin Planque. Vorrei, a tale proposito, associarmi alla vostra preghiera per il vostro confratello padre Pierluigi Maccalli, rapito da parecchi mesi in Niger, e assicurare la sollecitudine e l’attenzione della Santa Sede riguardo a questa preoccupante situazione.

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INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON I PARTECIPANTI ALLA XXI ASSEMBLEA PLENARIA DELL’UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORE GENERALI (UISG)

[…] Terza domanda: Innanzitutto un grande grazie, Santo Padre. In questi giorni abbiamo trattato diversi temi, uno di questi è il dialogo interreligioso: grazie per tutto quello che Lei fa in questo ambito. Penso anche al dialogo ecumenico, e porto nel cuore la sofferenza che ho toccato con mano, che ho visto in tante parti per la divisione che c’è tra i cristiani. So che Lei ha già fatto tanto anche in questo settore. Chiedo: è possibile fare qualche passo in più per arrivare a questa comunione tra i cristiani? Grazie. Papa Francesco: Grazie a te. Credo che l’ecumenismo si faccia in cammino, sempre. È vero che i teologi devono studiare, discutere… Ma c’è quell’aneddoto – che è vero, mi hanno detto che è vero – che quando San Paolo VI incontrò Athenagoras – mi piacerebbe dire Sant’Athenagoras – Athenagoras disse a Paolo VI: “Facciamo una cosa: andiamo insieme noi, e i teologi li mandiamo su un’isola che riflettano e che facciano la teologia, e noi andiamo avanti insieme”. Uno scherzo, dicono che sia vero. Ma se non è vero è ben trovato. [L’ecumenismo] si fa sempre in cammino. Ci sono dei poveri? Andiamo insieme a lavorare con i poveri. Ci sono i migranti? Insieme. Sempre insieme. Questo è l’ecumenismo del povero, come io chiamo quello che si fa in cammino con le opere di carità. Ma c’è un altro ecumenismo: quello del sangue. Quando uccidono i cristiani per il fatto di essere cristiani, non domandano: “Tu sei anglicano? Tu sei luterano? Tu sei cattolico? Tu sei ortodosso?”. Uccidono. E il sangue si mischia. Io ricordo una volta che un parroco a Amburgo, il parroco di Sankt Josef a Wannsee, vicino ad Amburgo, era incaricato di portare avanti la causa di un sacerdote ghigliottinato dai nazisti per avere insegnato la catechesi ai bambini. Ma dopo di lui è stato ghigliottinato, per lo stesso motivo, un pastore luterano. E lui è andato dal vescovo dicendo: “Io non posso andare avanti con la causa di questo senza la causa del luterano, perché il loro sangue si è mischiato”. È l’ecumenismo del sangue. Abbiamo tanti, tanti martiri comuni. Paolo VI, quando canonizzò i martiri dell’Uganda, erano catechisti metà cattolici e metà anglicani, più o meno, e nel discorso di canonizzazione ha fatto menzione del martirio degli anglicani. Già Paolo VI aveva detto questo. C’è l’ecumenismo del sangue. Dobbiamo fare insieme il più possibile. Per esempio, vengo dal benedire l’esposizione sulla tratta [“Talitha kum”, aperta prima di questa udienza nell’atrio dell’Aula Paolo VI]: lavoriamo insieme, tutti, cattolici, evangelici, tutti, perché è un problema sociale che dobbiamo aiutare a risolvere. E questo credo che sia importante: l’ecumenismo si fa in cammino, non si fa soltanto con la riflessione teologica. Questo aiuterà, perché abbiamo fatto bei progressi, per esempio con i luterani, sulla giustificazione… bei progressi. Ma non possiamo rimanere fermi fino a che non si risolvano tutti i punti teologici. I teologi hanno una grande funzione nella Chiesa: che studino e che ci aiutino; ma noi, nel frattempo, dobbiamo camminare. E poi l’ecumenismo della preghiera. Sono tre. L’ecumenismo della preghiera, l’ecumenismo del sangue, l’ecumenismo del povero. Pregare uno per l’altro, anche uno con l’altro. Questo, per quanto riguarda l’ecumenismo. Nel dialogo interreligioso, anche lì cercare i valori comuni, cercare i valori comuni che ci sono, e questo va bene. Per esempio, tra i valori comuni, il rispetto per la vita dei neonati o dei non nati che hanno i musulmani è meraviglioso. […]

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INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON I PARTECIPANTI AL CONVEGNO DELLA DIOCESI DI ROMA

Papa Francesco: Il secondo tratto necessario – il primo è l’umiltà: per ascoltare, tu devi abbassarti – il secondo tratto necessario per ascoltare il grido è il disinteresse. Viene espresso nel brano evangelico della parabola del pastore che va in cerca della pecora che si è smarrita. Non ha nessun interesse personale da difendere, questo buon pastore: l’unica preoccupazione è che nessuno si perda. Abbiamo interessi personali, noi che siamo questa sera? Ognuno ci può pensare: qual è il mio interesse nascosto, personale, che ho nella mia attività ecclesiale? La vanità? Non so… ognuno ha il proprio. Siamo preoccupati delle nostre strutture parrocchiali?, del futuro del nostro istituto?, del consenso sociale?, di quello che la gente dirà se ci occupiamo dei poveri, dei migranti, dei rom? O siamo attaccati a quel po’ di potere che esercitiamo ancora sulle persone della nostra comunità o del nostro quartiere? Tutti noi abbiamo visto parrocchie che hanno fatto scelte sul serio, sotto l’ispirazione dello Spirito, e tanti fedeli che andavano lì si sono allontanati perché “ah, questo parroco è troppo esigente, anche un po’ comunista”, e la gente se ne va. Oggi ho incontrato in Vaticano cinquecento Rom e ho sentito cose dolorose. Xenofobia. State attenti, perché il fenomeno culturale mondiale, diciamo almeno europeo, dei populismi cresce seminando paura. Ma nella città c’è anche tanto bene, perché ci sono luoghi positivi, luoghi fecondi: lì dove i cittadini si incontrano e dialogano in maniera solidale e costruttiva, ecco che si crea «un tessuto connettivo dove persone e gruppi condividono diverse modalità di sognare la vita, immaginari simili, e si costituiscono nuovi settori umani, territori culturali invisibili» (ibid.).

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INCONTRO DI PREGHIERA CON IL POPOLO ROM E SINTI PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

[…] Voi andate avanti con la dignità, con il lavoro… E quando si vedono le difficoltà, guardate in alto e troverete che lì ci stanno guardando. Ti guarda. C’è Uno che ti guarda prima, che ti vuole bene, Uno che ha dovuto vivere ai margini, da bambino, per salvare la vita, nascosto, profugo: Uno che ha sofferto per te, che ha dato la vita sulla croce. È Uno, come abbiamo sentito nella Lettura che tu hai fatto, che va cercando te per consolarti e incoraggiarti ad andare avanti. Per questo vi dico: niente distanza; a voi e a tutti: la mente con il cuore. Niente aggettivi, no: tutte persone, ognuno meriterà il proprio aggettivo, ma non aggettivi generali, secondo la vita che fai. Abbiamo sentito un bel nome, che include le mamme; è un bel nome questo: “mamma”. È una cosa bella. […]

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PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE

La Macedonia del Nord è un Paese indipendente dal 1991. La Santa Sede ha cercato di sostenere fin dagli inizi il suo cammino e con la mia visita ho voluto incoraggiare soprattutto la sua tradizionale capacità di ospitare diverse appartenenze etniche e religiose; come pure il suo impegno nell’accogliere e soccorrere un gran numero di migranti e di profughi durante il periodo critico del 2015 e 2016. Là c’è una grande accoglienza, hanno un grande cuore. I migranti creano dei problemi per loro, ma li accolgono e li amano, e i problemi li risolvono. Questa è una cosa grande di questo popolo. Un applauso a questo popolo.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN BULGARIA E MACEDONIA DEL NORD [5-7 MAGGIO 2019] INCONTRO CON LA COMUNITÀ CATTOLICA DISCORSO DEL SANTO PADRE

In questo senso vorrei condividere con voi un’esperienza di poche ore fa. Questa mattina ho avuto la gioia di incontrare, nel campo-profughi di Vrazhdebna, profughi e rifugiati provenienti da vari Paesi del mondo per trovare un contesto di vita migliore di quello che hanno lasciato, e anche, ho incontrato volontari della Caritas. [applauso ai volontari della Caritas, che si alzano in piedi, tutti con una maglietta rossa] Quando sono entrato qui e ho visto i volontari della Caritas, ho domandato chi fossero, perché pensavo fossero i vigili del fuoco! Così rossi! Lì [al Centro di Vrazhdebna] mi dicevano che il cuore del Centro – di questo Centro di rifugiati – nasce dalla consapevolezza che ogni persona è figlia di Dio, indipendentemente dall’etnia o dalla confessione religiosa. Per amare qualcuno non c’è bisogno di chiedergli il curriculum vitae; l’amore precede, sempre va avanti, si anticipa. Perché? Perché l’amore è gratuito. In questo Centro della Caritas sono molti i cristiani che hanno imparato a vedere con gli stessi occhi del Signore, che non si sofferma sugli aggettivi, ma cerca e attende ciascuno con occhi di Padre. Ma voi sapete una cosa? Dobbiamo stare attenti! Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo: “questa persona è questo, questa persona è questo, questa persona è questo…”. E Dio non vuole questo. È una persona, è immagine di Dio. Niente aggettivi! Lasciamo che Dio metta gli aggettivi; noi mettiamo l’amore, in ogni persona. Così, questo vale anche per il chiacchiericcio. Con quanta facilità viene tra noi il chiacchiericcio! “Ah questo è quello, questo fa questo…”. Sempre “aggettiviamo” la gente. Io non sto parlando di voi, perché so che qui non c’è il chiacchiericcio, ma pensiamo al posto dove ci sono le chiacchiere. Questo è l’aggettivo: aggettivare la gente. Dobbiamo passare dalla cultura dell’aggettivo alla realtà del sostantivo. Vedere con gli occhi della fede è l’invito a non passare la vita affibbiando etichette, classificando chi è degno di amore e chi no, ma a cercare di creare le condizioni perché ogni persona possa sentirsi amata, soprattutto quelle che si sentono dimenticate da Dio perché sono dimenticate dai loro fratelli. Fratelli e sorelle, chi ama non perde tempo a piangersi addosso, ma vede sempre qualcosa di concreto che può fare. In questo Centro avete imparato a vedere i problemi, a riconoscerli, ad affrontarli; vi lasciate interpellare e cercate di discernere con gli occhi del Signore. Come disse Papa Giovanni: «Non ho mai conosciuto un pessimista che abbia concluso qualcosa di bene». I pessimisti non fanno mai qualcosa di bene. I pessimisti rovinano tutto. Quando io penso al pessimista, mi viene in mente una bella torta: cosa fa il pessimista? Versa aceto sulla torta, rovina tutto. I pessimisti rovinano tutto. Invece l’amore apre le porte, sempre! Papa Giovanni aveva ragione: «Non ho mai conosciuto un pessimista che abbia concluso qualcosa di bene». Il Signore è il primo a non essere pessimista e continuamente cerca di aprire per tutti noi vie di Risurrezione. Il Signore è un ottimista inguaribile! Sempre cerca di pensare bene di noi, di portarci avanti, di scommettere su di noi. Che bello quando le nostre comunità sono cantieri di speranza! L’ottimista è un uomo o una donna che crea nella comunità speranza.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN BULGARIA E MACEDONIA DEL NORD [5-7 MAGGIO 2019] PAROLE DEL SANTO PADRE

Grazie tante per la vostra accoglienza. Grazie ai bambini, per il loro canto tanto bello. Loro portano gioia nel vostro cammino. Il vostro cammino è non sempre bello, e poi c’è il dolore di lasciare la patria e cercare di inserirsi in un’altra patria… C’è sempre la speranza… Oggi il mondo dei migranti e rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, è la croce che tanta gente soffre… Io ringrazio voi, la vostra buona volontà, e auguro il meglio a voi e a vostri concittadini che avete lasciato nella vostra patria. Che Dio vi benedica e pregate per me.

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO IN BULGARIA E MACEDONIA DEL NORD [5-7 MAGGIO 2019] INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO DISCORSO DEL SANTO PADRE

Ora, in questo frangente storico, a trent’anni dalla fine del regime totalitario che ne imprigionava la libertà e le iniziative, la Bulgaria si trova ad affrontare le conseguenze dell’emigrazione, avvenuta negli ultimi decenni, di più di due milioni di suoi concittadini alla ricerca di nuove opportunità di lavoro. Nel medesimo tempo la Bulgaria – come tanti altri Paesi del vecchio continente – deve fare i conti con quello che può essere considerato come un nuovo inverno: quello demografico, che è sceso come una cortina di gelo su tanta parte dell’Europa, conseguenza di una diminuzione di fiducia verso il futuro. Il calo delle nascite, dunque, sommandosi all’intenso flusso migratorio, ha comportato lo spopolamento e l’abbandono di tanti villaggi e città. Inoltre, la Bulgaria si trova a confrontarsi con il fenomeno di coloro che cercano di fare ingresso all’interno dei suoi confini, per sfuggire a guerre e conflitti o alla miseria, e tentano di raggiungere in ogni modo le aree più ricche del continente europeo, per trovare nuove opportunità di esistenza o semplicemente un rifugio sicuro. Signor Presidente, conosco l’impegno con cui i governanti di questo Paese, da anni, si sforzano di creare le condizioni affinché, soprattutto i giovani, non siano costretti a emigrare. Vorrei incoraggiarvi a continuare su questa strada, a compiere ogni sforzo per promuovere condizioni favorevoli affinché i giovani possano investire le loro fresche energie e programmare il loro futuro personale e familiare, trovando in patria condizioni che permettano una vita degna. E a voi, che conoscete il dramma dell’emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, il cuore e la mano – come è nella vostra tradizione – a chi bussa alle vostre porte. Il vostro Paese si è sempre distinto come un ponte fra est e ovest, capace di favorire l’incontro tra culture, etnie, civiltà e religioni differenti, che da secoli hanno qui convissuto in pace. Lo sviluppo, anche economico e civile, della Bulgaria passa necessariamente attraverso il riconoscimento e la valorizzazione di questa sua specifica caratteristica. Possa questa terra, delimitata dal grande fiume Danubio e dalle sponde del mar Nero, resa fertile dall’umile lavoro di tante generazioni e aperta agli scambi culturali e commerciali, integrata nell’Unione Europea e dai solidi legami con Russia e Turchia, offrire ai suoi figli un futuro di speranza. Dio benedica la Bulgaria, la conservi pacifica e accogliente e la renda prospera e felice!

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MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL SANTO PADRE FRANCESCO PASQUA 2019

Cristo vive e rimane con noi. Egli mostra la luce del suo volto di Risorto e non abbandona quanti sono nella prova, nel dolore e nel lutto. Egli, il Vivente, sia speranza per l’amato popolo siriano, vittima di un perdurante conflitto che rischia di trovarci sempre più rassegnati e perfino indifferenti. È invece il momento di rinnovare l’impegno per una soluzione politica che risponda alle giuste aspirazioni di libertà, pace e giustizia, affronti la crisi umanitaria e favorisca il rientro sicuro degli sfollati, nonché di quanti si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, specialmente in Libano e in Giordania. La Pasqua ci porta a tenere lo sguardo sul Medio Oriente, lacerato da continue divisioni e tensioni. I cristiani nella regione non manchino di testimoniare con paziente perseveranza il Signore risorto e la vittoria della vita sulla morte. Un particolare pensiero rivolgo alla popolazione dello Yemen, specialmente ai bambini, stremati dalla fame e dalla guerra. La luce pasquale illumini tutti i governanti e i popoli del Medio Oriente, a cominciare da Israeliani e Palestinesi, e li sproni ad alleviare tante sofferenze e a perseguire un futuro di pace e di stabilità. Le armi cessino di insanguinare la Libia, dove persone inermi hanno ripreso a morire in queste ultime settimane e molte famiglie sono costrette a lasciare le proprie case. Esorto le parti interessate a scegliere il dialogo piuttosto che la sopraffazione, evitando che si riaprano le ferite di un decennio di conflitti ed instabilità politica. Il Cristo Vivente doni la sua pace a tutto l’amato continente africano, ancora disseminato di tensioni sociali, conflitti e talvolta da violenti estremismi che lasciano insicurezza, distruzione e morte, specialmente in Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun. Il mio pensiero va pure al Sudan, che sta attraversando un momento di incertezza politica e dove auspico che tutte le istanze possano trovare voce e ciascuno adoperarsi per consentire al Paese di trovare la libertà, lo sviluppo e il benessere a cui da lungo tempo aspira. Il Signore risorto accompagni gli forzi compiuti dalle Autorità civili e religiose del Sud Sudan, sostenute dai frutti del ritiro spirituale tenuto alcuni giorni fa qui in Vaticano. Possa aprirsi una nuova pagina della storia del Paese, nella quale tutte le componenti politiche, sociali e religiose s’impegnino attivamente per il bene comune e la riconciliazione della Nazione. In questa Pasqua trovi conforto la popolazione delle regioni orientali dell’Ucraina, che continua a soffrire per il conflitto ancora in corso. Il Signore incoraggi le iniziative umanitarie e quelle volte a perseguire una pace duratura. La gioia della Risurrezione riempia i cuori di chi nel continente americano subisce le conseguenze di difficili situazioni politiche ed economiche. Penso in particolare al popolo venezuelano: a tanta gente priva delle condizioni minime per condurre una vita degna e sicura, a causa di una crisi che perdura e si approfondisce. Il Signore doni a quanti hanno responsabilità politiche di adoperarsi per porre fine alle ingiustizie sociali, agli abusi e alle violenze e di compiere passi concreti che consentano di sanare le divisioni e offrire alla popolazione gli aiuti di cui necessita. Il Signore risorto illumini gli sforzi che si stanno compiendo in Nicaragua per trovare al più presto una soluzione pacifica e negoziata a beneficio di tutti i nicaraguensi. Davanti alle tante sofferenze del nostro tempo, il Signore della vita non ci trovi freddi e indifferenti. Faccia di noi dei costruttori di ponti, non di muri. Egli, che ci dona la sua pace, faccia cessare il fragore delle armi, tanto nei contesti di guerra che nelle nostre città, e ispiri i leader delle Nazioni affinché si adoperino per porre fine alla corsa agli armamenti e alla preoccupante diffusione delle armi, specie nei Paesi economicamente più avanzati. Il Risorto, che ha spalancato le porte del sepolcro, apra i nostri cuori alle necessità dei bisognosi, degli indifesi, dei poveri, dei disoccupati, degli emarginati, di chi bussa alla nostra porta in cerca di pane, di un rifugio e del riconoscimento della sua dignità. Cari fratelli e sorelle, Cristo vive! Egli è speranza e giovinezza per ognuno di noi e per il mondo intero. Lasciamoci rinnovare da Lui! Buona Pasqua