Cari amici,
sono lieto di incontrarvi al termine dei lavori di questa vostra sessione Plenaria.
Saluto il Cardinale Leonardo Sandri, il Cardinale Zenari, Monsignor Pizzaballa, gli
altri Superiori del Dicastero – che nel frattempo sono cambiati – gli Officiali e i
membri delle Agenzie che compongono la vostra Assemblea.
Il fatto di ritrovarsi in presenza dà fiducia e aiuta il vostro lavoro, mentre l’anno
scorso fu possibile soltanto collegarsi a distanza per riflettere insieme; ma
sappiamo che non è la stessa cosa: abbiamo bisogno di incontrarci, di far
dialogare meglio le parole e i pensieri, per accogliere le domande e il grido che
giungono da tante parti del mondo, in modo particolare dalle Chiese e dai Paesi
per i quali svolgete la vostra opera. Ne sono testimone io stesso, perché fu
proprio in questo contesto, nel 2019, che annunciai la mia intenzione di recarmi
in Iraq, e grazie a Dio pochi mesi fa ho potuto realizzare questo desiderio. Sono
stato contento di inserire, tra le persone del seguito, una vostra Rappresentante,
anche in segno di gratitudine per quello che avete fatto e che farete.
Nonostante la pandemia, avete avuto riunioni straordinarie nel corso di
quest’anno, sia per affrontare la situazione dell’Eritrea, sia per seguire quella del
Libano, dopo la terribile esplosione nel porto di Beirut il 4 agosto scorso. E a
questo proposito ringrazio per l’impegno a sostenere il Libano in questa grave
crisi; e vi chiedo di pregare e invitare a farlo per l’incontro che avremo il 1°
luglio, insieme ai Capi delle Chiese cristiane del Paese, perché lo Spirito Santo ci
guidi e ci illumini.
Attraverso di voi desidero far giungere il mio ringraziamento a tutte le persone
che sostengono i vostri progetti e che li rendono possibili: spesso sono semplici
fedeli, famiglie, parrocchie, volontari…, che sanno di essere “tutti fratelli” e
destinano un po’ del loro tempo e delle loro risorse per quelle realtà di cui voi vi
prendete cura. Mi hanno riferito che nel 2020 la Colletta per la Terra Santa ha
potuto raccogliere circa la metà rispetto agli anni passati. Certamente hanno
pesato i lunghi mesi in cui la gente non ha potuto radunarsi nelle chiese per le
celebrazioni, ma anche la crisi economica generata dalla pandemia. Se da un
lato questo ci fa bene, perché ci spinge a una maggiore essenzialità, tuttavia non
può lasciarci indifferenti, anche pensando alle strade deserte di Gerusalemme,
senza pellegrini che vanno a rigenerarsi nella fede, ma anche ad esprimere
solidarietà concreta con le Chiese e le popolazioni locali. Rinnovo pertanto
l’appello a tutti perché si riscopra l’importanza di questa carità, di cui parlava già
San Paolo nelle sue Lettere e che San Paolo VI ha voluto riorganizzare con
l’Esortazione Apostolica Nobis in animo, del 1974, che ripropongo nella sua piena
attualità e validità.
Nella vostra riunione vi siete soffermati su diversi contesti geografici ed
ecclesiali. Anzitutto la stessa Terra Santa, con Israele e Palestina, popoli per i
quali sogniamo sempre che nel cielo si distenda l’arco della pace, dato da Dio a
Noè come segno dell’alleanza tra Cielo e terra e della pace tra gli uomini (cfr Gen
9,12-17). Troppo spesso invece, anche di recente, quei cieli sono solcati da
ordigni che portano distruzione, morte e paura!
Il grido che si leva dalla Siria è sempre presente al cuore di Dio, ma sembra non
riesca a toccare quello degli uomini che hanno in mano le sorti dei popoli.
Rimane lo scandalo di dieci anni di conflitto, milioni di sfollati interni ed esterni,
le vittime, l’esigenza di una ricostruzione che resta ancora in ostaggio di logiche
di parte e della mancanza di decisioni coraggiose per il bene di quella martoriata
Nazione.
Oltre a quella del Cardinale Zenari, Nunzio Apostolico a Damasco, la presenza
dei Rappresentanti Pontifici in Libano, Iraq, Etiopia, Armenia e Georgia, che
saluto e ringrazio di cuore, vi ha consentito di riflettere sulla situazione ecclesiale
in quei Paesi. Il vostro stile è prezioso, perché aiuta i Pastori e i fedeli a
concentrarsi sull’essenziale, cioè su ciò che serve all’annuncio del Vangelo,
manifestando insieme il volto della Chiesa, che è Madre, con particolare
attenzione ai piccoli e ai poveri. A volte bisogna ricostruire gli edifici e le
cattedrali, comprese quelle distrutte dalle guerre, ma anzitutto bisogna avere a
cuore le pietre vive che sono ferite e disperse.
Seguo con apprensione la situazione che si è generata con il conflitto nella
regione del Tigray, in Etiopia, sapendo che la sua portata abbraccia anche la
vicina Eritrea. Al di là delle differenze religiose e confessionali, ci rendiamo conto
di quanto sia essenziale il messaggio della Fratelli tutti, quando le differenze tra
etnie e le conseguenti lotte per il potere sono erette a sistema.
Al termine del mio Viaggio Apostolico in Armenia, nel 2016, insieme al Catholicos
Karekin II abbiamo liberato in cielo delle colombe, come segno e auspicio della
pace nell’intera regione del Caucaso. Purtroppo, essa negli ultimi mesi è stata
un’altra volta ferita, e per questo vi ringrazio per l’attenzione che avete posto
alla realtà della Georgia e dell’Armenia, affinché la comunità cattolica continui ad
essere segno e fermento di vita evangelica.
Carissimi, grazie della vostra presenza, grazie del vostro ascolto e della vostra
opera. Benedico ciascuno di voi e il vostro lavoro. E voi, per favore, continuate a
pregare per me. Grazie!